Dimissionario sebbene sia solo indagato. Ma per l’assessore alla salute regionale, Ruggero Razza, il quadro accusatorio potrebbe farsi più pesante a breve. La procura di Trapani si è mossa, infatti, con prudenza, solo sui casi di urgenza, perché non era competente territorialmente. Ma la gip, Caterina Brignone, ha sottolineato: “Le conversazioni che vedono direttamente coinvolto o chiamano in causa Razza sono estremamente chiare e significative, dimostrano la sua pregressa consapevolezza delle modalità criminose di trattamento dei dati e delle finalità perseguite ed apportano elementi indiziari anche con riferimento a fatti non ascritti, allo stato, al politico e certamente meritevoli di ulteriore approfondimento”. Sebbene quindi al centro dell’inchiesta ci sia la dirigente del dipartimento, Maria Letizia Liberti e le misure richieste dalla procura di Trapani non riguardino l’assessore di Musumeci “considerata la natura e le verosimili finalità degli illeciti commessi, sarebbe difficile se non impossibile ipotizzare un attivarsi del vertice dirigenziale in assenza di avallo dell’organo politico”, scrive la gip nell’ordinanza. Con l’avallo di Razza dunque? Allora perché è solo indagato?

Tutto ha inizio perché la procura di Trapani sta indagando su un laboratorio di Alcamo che avrebbe falsato il risultato dei tamponi. Da questa indagini si attivano le intercettazioni sulle utenze della dirigente e dei collaboratori e viene fuori “uno scellerato disegno complessivo, del quale ha pagato e continuerà a pagare il prezzo la popolazione siciliana”, scrive Brignone. Ma Trapani non è competente. La procura guidata dal reggente Maurizio Agnello si muove dunque di comune accordo con quella di Roma, che in prima battuta crede competente in materia, e quella di Palermo, che si scoprirà esser l’unica competente. A quest’ultima saranno trasmessi gli atti e l’indagine si sposterà dunque nel capoluogo della Sicilia, titolato a indagare su eventuali reati contestati ad assessori regionali. I pm di Trapani, di comune accordo con le altre procure, decidono di chiedere le prime misure urgenti – considerando anche che trattandosi si procura più piccola, i tempi saranno maggiormente ridotti – per bloccare il prima possibile l’alterazione dei numeri. Intanto Razza convocato dalla procura di Trapani per le 17 di oggi ha fatto sapere tramite il suo avvocato che non si presenterà. Ma Agnello lo esorta: “Fermo restando il sacrosanto diritto dell’indagato di avvalersi della facoltà di non rispondere, mi auguro che l’assessore voglia darci la sua versione dei fatti, credo, infatti, sia doveroso da parte di un assessore alla salute in un momento come questo dare conto del suo operato. Fornendo anche un contributo da dare al giudice competente che allo stato è Palermo”, commenta Agnello, sentito dal fattoquotidiano.it. E sottolinea: “Ci siamo mossi con estrema e garantismo, ci siamo coordinati con i colleghi di Roma e di Palermo e la nostra valutazione è stata condivisa e apprezzata dal gip, che ha sottolineato che c’è di più ancora da capire”. La misura per Razza, in sostanza, non sarebbe stata richiesta da Trapani, perché non competente. Sarà adesso Palermo a dover decidere il peso del ruolo dell’assessore nell’alterazione dei numeri, ipotizzata dall’indagine trapanese. Nel frattempo, Razza, che davanti ai pm si è avvalso della facoltà di non rispondere, ha inviato un comunicato in cui sottolinea che “in Sicilia l’epidemia è sempre stata monitorata con cura, come evidenzia ogni elemento oggettivo, a partire dalla occupazione ospedaliera e dalla tempestività delle decisioni”.

È lo stesso comunicato in cui annuncia di avere presentato le sue dimissioni al presidente della Regione, Nello Musumeci, di cui Razza è tra gli uomini più fidati. Ma nelle carte dell’indagine sembra abbia lasciato all’oscuro Musumeci dell’alterazione dei dati. A fine marzo, infatti, Razza avverte Musumeci che i numeri a Palermo sono gravi e bisogna dichiarare la zona rossa, il presidente concorda ma attende un giorno per ulteriori accertamenti, il giorno dopo l’assessore incalzato da Musumeci fa dietrofront sui numeri di Palermo. È il 20 marzo e Razza avverte Musumeci: “Ti volevo dire che abbiamo una situazione molto difficile a Palermo e provincia. La incidenza ha superato la quota dei 250 per 100 mila abitanti e solo oggi superiamo i 400 casi solo a Palermo”. “Minchia”, risponde Musumeci e la conversazione prosegue, in un botta e risposta tra Razza e Musumeci: “S’impone la necessità di dichiarare la zona rossa”. “E certo!”. “O se vuoi sentire anche Micciché e gli altri perché succederà… ovviamente è la provincia di Palermo”. “E vabbé ma di fronte a un numero del genere. Quanti sono?” Oggi 400”. La conversazione si chiude tra presidente e assessore: “Nuovi contagi…”. “Solo a Palermo”. – “… solo a Palermo”. “Ma il dipartimento è d’accordo?”. “Il dipartimento farà la proposta questa sera, decidiamo se glielo vogliamo dire oggi o se glielo vogliamo dire domani, perché se glielo diciamo ad Orlando, Orlando se la vende subito”. “Sì se la vende subito, il problema è capire se siamo in condizione di potere avvisare poi domani in tempo utile. Questo è il discorso, perché non è che glielo possiamo comunicare due ore prima alla gente”. “Io lo farei in ogni caso a partire da domenica a mezzanotte”. “Fra sabato e domenica”. “Sì”. “Giusto?”. “Giusto”.”Allora io per ora mi sto in silenzio”. “Per ora non diciamo nulla, però già alle cinque e mezza i numeri sui cosi… “.”Allora fatti mandare un rapporto, dai e la dichiariamo stasera per domani”. “E lo sto facendo, lo sto facendo“.

Assessore e governatore chiudono la telefonata, si risentiranno il giorno dopo alle 18, ma tutto è cambiato con grande sorpresa di Musumeci che esordisce: “Non ti sei fatto più sentire ieri… non so più niente su Palermo!”. “Cosa… Palermo?”. “Per quanto riguarda la zona rossa!”. “Ah no, non ti… abbiamo i dati e sono sotto i 250“. “Eh, minchia, allora perché mi avevi detto 4000?”. “Non era… no… con 250… per 100mila!”. “No ieri…”. “Tu mi avevi… che aveva superato”. “No ieri erano 400 ma nella settimana… eh… sono a centonovantasei per 100 mila abitanti”. “Va bene”.

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