di Alessandro Negrini

Con buona pace di chi ha venduto l’imbarazzante agiografia di Mario Draghi come il banchiere santo, keynesiano e mandato dal cielo, è uscita qualche giorno fa una notizia enorme, feroce, eclatante. L’entità della notizia è pari solo a quella del silenzio che l’ha avvolta: il Presidente del Consiglio Mario Draghi, al Consiglio europeo del 25 e 26 febbraio, avrebbe opposto un secco rifiuto all’invio di 13 milioni di dosi di vaccini all’Africa. Lo ha riferito il quotidiano Le Monde. Secondo la ricostruzione del quotidiano francese, alla proposta di Macron e Merkel di destinare le dosi all’Africa, Mario Draghi avrebbe risposto con un secco “no” nonostante Paesi come Belgio, Svezia, Paesi Bassi e Spagna si fossero espressi in modo favorevole.

Nonostante quest’accusa pesantissima, su questo accadimento in Italia non è quasi volata parola. Padre Janvier Yameogo, voce del Vaticano per le comunicazioni sociali, l’ha definita “una vergogna”. Farebbe ora sorridere, alla luce di questo atto così ferocemente neoliberista, ripensare ai tanti articoli usciti per sostenere la narrazione che rappresenta Draghi come un “santo”. Se non fosse che fa piangere: eccola, la cultura del “capitale umano”, che è tale a patto che non sia d’intralcio come quello dell’Africa, perché dell’Africa il capitale che ci interessa sarà sempre e solo quello delle risorse.

Eccolo uno degli effetti della trasformazione della politica in gestione aziendale: il paradigma dove tutto viene trasformato in merce, dove ogni azione politica viene valutata non in ragione della sua giustizia sociale ma solo dal suo essere “performante”: non esistono più cittadini ma, al massimo, clienti da soddisfare. E i clienti, secondo una lettura opportunistica del malessere sociale, vogliono i vaccini. Ergo, urge soddisfare i propri clienti e i propri committenti, e chi se ne importa se quei 13 milioni di vaccini non arriveranno più in Africa. E allora, forse le domande sono dovute, per chi non è cliente ma cittadino: è questa la blasonata competenza così idolatrata dai giornali? È questa l’encomiabile calma delle scelte decise che bramavano i commentatori politici? È questo il metro di successo dell’ideologia “aziendalistica” applicata allo Stato? Lasciare indietro un intero continente?

La risposta è semplice: quella ora al governo è la destra liberale, in doppiopetto, che non grida e che in punta di piedi, con competenza ed autorevolezza, non perde la propria matrice generante: il lasciare indietro chi da sempre è indietro. Che affama. Che comprime diritti, lo stesso senso della solidarietà cristiana, il credo religioso al quale tutti loro appartengono. Sottraendo persino l’ipotesi di sognare la dignità, perché la dignità è un favore e non un diritto, la solidarietà una futilità e non un dovere.

Ma le domande dovrebbero proseguire, entrando nel tessuto istituzionale: non rammentiamo alcun passaggio nel discorso al Senato di Mario Draghi dove si ipotizzasse una accelerazione sui vaccini a discapito degli aiuti all’Africa. A quale titolo Mario Draghi avrebbe preso questa decisione? In nome di chi? E perché nessuno gliene chiede conto? Chi ha stabilito che questa decisione facesse parte di quella “delega aziendale” con la quale gli è stato affidato il Paese? Perché non ne riferisce in Parlamento? L’accaduto sarebbe un atto di una violenza pregna di una sola logica, la risposta alle domande fatte sopra: l’inconfessabile dis-prezzo per chi non può avere un prezzo.

In tutto questo la stampa ignora la notizia, senza nemmeno che vi sia il bisogno che la censura venga loro imposta. La ignorano e basta, in una sorta di azione pavloviana dove, quando l’argomento sono le responsabilità verso gli ultimi, ultima deve essere la notizia che loro riguarda. È una resa, assoluta, feroce, desolante di fronte alla cultura che i competenti chiamano dell’efficienza e che i vinti, gli invisibili, chiamano del disumano. Non basta, non basterà vestirla con la perizia e la preparazione per renderla meno disumana.

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