di Donatello D’Andrea

Lucia Borgonzoni, Nicola Molteni, Rossano Sasso, Stefania Pucciarelli e chi più ne ha più ne metta. Anche alcune riconferme non fanno ben sperare.

I risultati della partita dei sottosegretari certificano la sconfitta dell’Italia, degli italiani e della loro capacità di decidere da chi farsi rappresentare. Al contempo le nomine rendono con chiarezza la situazione politica, culturale e sociale del momento. Una nitida fotografia del grave stato di agonia del sapere in questo Paese, del clima sociale e soprattutto del livello medio degli elettori.
C’è davvero di tutto in queste nomine.

Chi si vanta di non leggere un libro da tre anni, ad esempio, è il sunto di un popolo che ha smesso di dedicare ai libri l’attenzione che meriterebbero. Chi fa flash mob contro migranti e cita a caso Topolino, scambiandolo per Dante, è la fotografia di quella altera ignoranza e fiera superficialità che contraddistinguono da anni una parte dell’opinione pubblica.

Chi appoggia i forni crematori per i migranti, poi, rappresenta degnamente la cattiveria di una parte sempre più consistente di italiani. E via dicendo… Tra la spocchia di chi crede di saperne di più, i complotti vari – c’è chi non crede allo sbarco sulla Luna – e il ritorno di chi aveva progettato i decreti sicurezza, questo governo ha il merito – o demerito, dipende dalla coscienza di ognuno di noi – di aver dato luogo a uno dei pastoni melmosi più incredibili della storia della Repubblica.

Un ottimo lavoro, non c’è che dire. Alcuni diranno che Draghi non poteva fare miracoli con la materia prima che aveva, cioè la classe dirigente, e hanno ragione. Ma il solo fatto che l’ex Bce, che non voleva viceministri ma solo sottosegretari, abbia ceduto ai partiti, significa che questi abbiano imposto la propria classe dirigente senza un’adeguata selezione. Insomma, per farla breve quei nomi sono figli di una selezione apposita e non di una “scelta tra i migliori”.

A giudicare dai nomi, e soprattutto dalle posizioni occupate dai partiti (tipo il Pd che esce dall’Interno per lasciare posto alla Lega o l’ingresso di Fi alla Giustizia) non sarà tutte rose e fiori. Questo ormai è chiaro. Sarà una quotidiana guerra di posizione, un po’ come nel precedente governo, con la differenza che i partiti da mettere d’accordo non saranno più quattro ma molti di più. Un capolavoro tattico. Come no.

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