Primi al mondo. Non terzi, non secondi: primi. Italiani, giovani, senza bisogno di andar via da questa bistrattata nazione e in piena epoca Covid. A dimostrare che certe storie non sono solo portenti americani alla Grey’s Anatomy, a ricordarci che questo nostro Paese non è da buttare. L’ambito, l’avrete capito, è quello della medicina. Io che non sono scienziato ma semplice appassionato di questa storia che mi pare ogni giorno più straordinaria, la farò breve.

Accade, l’avevo raccontato qualche post fa, che una piccola startup italiana inventi il simulatore virtuale di un cervello che reagisce agli interventi dei chirurghi, esattamente come quello umano. E così, in quattro anni, rivoluzioni la neurochirurgia mondiale.

Perché risolve di slancio la cronica difficoltà a formare specializzandi, che dopo anni di studio meramente teorico possono di norma cimentarsi solo con rare e costose pratiche su cadaveri. Di più: perché risolve la cronica difficoltà a formare specializzandi non qui, che stiamo bene, ma in Paesi in via di sviluppo, dove la pratica semplicemente è troppo costosa. Aggiungiamo inoltre che lo stesso metodo potrebbe essere usato per intestino, tratti del collo, tratti spinali e via così; con i futuri chirurghi che potrebbero perfezionarsi e perfezionarsi ancora portandosi perfino il simulatore a casa.

Se questa mia rapida carrellata di vantaggi non bastasse a chiarire la rivoluzione che mezzo mondo sta ammirando meravigliato, chiedo il supporto dei numeri: oggi mancano circa 25mila neurochirurghi, che corrispondono a 5 milioni di procedure non eseguite. Lo dico in maniera ancora più spietata: ci sono 5 milioni di uomini, donne e bambini nel mondo che avrebbero bisogno di un’operazione alla testa, ma non possono averla per mancanza di medici specializzati. Completiamo il quadro dicendo che il 19% delle cause legali per la salute è dovuta proprio a episodi legati alla neurochirurgia, tanto per far capire la mostruosa difficoltà della materia.

Sebbene americani, emiri e molti altri e ricchi Paesi ci abbiano messo gli occhi addosso, i primi – parola molto bella ma spesso da noi inutilizzabile – a usufruire della nuova tecnica sono di nuovo, incredibilmente, gli italiani: la Scuola di specializzazione in Neurochirurgia dell’Università di Torino sarà la prima a metterla a disposizione dei suoi studenti.

Mentre Israele sbalordisce tutti con la prospettiva di curare il Covid con uno spray; mentre continenti, nazioni e ora perfino regioni fanno a gara per comprare vaccini al grande mercato del capitalismo; mentre Trump pare essersi curato con un cocktail di monoclonali riservato ai ricchi; in Italia si rivoluziona la chirurgia, lo si fa per tutti, ma se ne parla molto molto meno.

Eppure non siamo terzi, né secondi: siamo i primi.

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