Costa azzurra, anzi rosso scura. Viene dal sud-est della Francia – catalogato a rischio massimo nella mappa a colori della Commissione europea – l’impennata di contagi che rischia di mandare in lockdown l’estremo Ponente ligure. Dopo ore in cui si è attesa la decisione da un momento all’altro, tutto è rimandato all’incontro tra il governatore Giovanni Toti, il ministro della Salute Speranza e i vertici dell’Istituto superiore di sanità, in programma oggi. Sul tavolo c’è la zona rossa (o almeno arancione) per i comuni compresi tra Ventimiglia e Sanremo, flagellati dalla variante inglese importata da oltralpe. Nel territorio della Asl 1, comprendente tutto l’imperiese, si registrano ogni giorno tra gli 80 e i 90 nuovi positivi, che rapportati alla popolazione fanno schizzare il tasso di contagio al doppio della media regionale (4,5 contro 1,9 ogni mille persone). Soffrono anche gli ospedali: al Borea di Sanremo, hub Covid del territorio, i ricoverati sono 127, di cui 8 in terapia intensiva. Così, con ogni probabilità, in Liguria si formerà la terza area di restrizioni “locali” per estensione, dopo quelle in Alto Adige e in provincia di Perugia.

A far viaggiare il virus – è l’ipotesi accreditata – sono i frontalieri, più di 5mila persone che ogni giorno si recano in Francia o nel principato di Monaco a lavorare, tornando in Liguria la sera. Per questo Toti ha scelto di dar loro la priorità nel piano vaccinale regionale, dedicando allo scopo l’intera fornitura di vaccino AstraZeneca appena consegnata (6mila dosi): le iniezioni partiranno il prossimo weekend. Ma ci sono anche i numerosi transalpini che passano la dogana in cerca di shopping, normalmente una manna per l’economia locale, negli ultimi giorni invece additati come untori. Sul punto si registra uno scambio d’accuse tra cugini d’oltralpe: le autorità francesi accusano di scarsa attenzione i monegaschi, che a loro volta puntano il dito contro il governo di Macron. Spalleggiati, questi ultimi dalle sigle dei frontalieri: “Il principato si è comportato in modo oculato e previdente – ha detto al Secolo XIX Roberto Parodi, voce storica del Fai, Frontalieri autonomi intemeli -, i casi di Covid fino a un certo punto sono stati pochissimi. Poi il grandissimo afflusso di lavoratori francesi ha fatto saltare l’equilibrio”.

Al momento la soluzione più quotata è una zona arancione locale, con divieto di spostamento da un comune all’altro e restrizioni alle attività commerciali. Ma se giovedì il report settimanale dell’Iss dovesse colorare di arancione tutta la Liguria, i provvedimenti per il Ponente non potrebbero che essere più drastici. “Monitoriamo la situazione sul territorio ora per ora – ha detto ancora mercoledì sera Toti nella quotidiana diretta social -, aspettiamo il bollettino dell’Istituto superiore di sanità per vedere in che fascia sarà la regione. Prenderemo una decisione tra giovedì e venerdì”. La prospettiva di un nuovo lockdown, seppur di breve durata, terrorizza gli esercenti che chiedono più controlli alla frontiera: “Bisogna pretendere il tampone negativo dai cittadini francesi che fanno ingresso in Italia, così come avviene a parti invertite”, dice Cesare Borghi, presidente di Confartigianato Imperia. “Un inasprimento delle misure andrebbe a colpire nuovamente le imprese che, seguendo scrupolosamente tutte le misure di sicurezza, hanno ripreso in parte a lavorare”.

Ma a spingere per misure drastiche c’è soprattutto il timore che un’impennata dei casi possa mettere a rischio un appuntamento vitale per l’intera regione, il Festival di Sanremo in programma dal 2 al 6 marzo prossimi. L’idea è quella di riuscire ad abbattere la curva nelle settimane prima della kermesse, per affrontare con più serenità i giorni “caldi”. “È possibile che alla città sia chiesto uno sforzo ulteriore nei giorni precedenti al Festival”, ha detto il sindaco Alberto Biancheri nella conferenza stampa di martedì insieme al conduttore Amadeus e al direttore di Rai 1 Stefano Coletta. “Stiamo valutando con la prefettura i protocolli sanitari al di fuori dell’Ariston: non blinderemo la città, ma la situazione sarà monitorata con attenzione. Abbiamo rinunciato a tutti gli eventi collaterali per evitare qualsiasi rischio”. Ma anche nella città dei fiori c’è chi ha un’idea diversa delle priorità. “In queste condizioni il Festival sarà un disastro per il commercio. Chi ha fatto certe scelte dovrà assumersi le responsabilità”, si sfoga Andrea Di Baldassarre, capo della Confcommercio locale. “È quasi un anno che, come bravi soldatini, le associazioni di categoria seguono scellerate decisioni politiche. per l’ennesima volta si è deciso all’ultimo di voler chiudere. Con decine di migliaia di euro di merce ordinata che non potrà essere venduta. Mi domando per l’ennesima volta se la politica sappia cos’è il lavoro”.

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