Il ritmo del Kitikaka di oggi è questo (ascolta il brano prima di leggere il kiti)

“Se prima eravamo in due a ballare l’hully draghy, adesso siamo in tre a ballare l’hully draghy/Se prima eravamo in tre a ballare l’hully draghy, adesso siamo in quattro a ballare l’hully draghy/Se prima eravamo in quattro a ballare l’hully draghy, adesso c’è Caressa che ci suona un ritornello”.

A Sky Calcio Club va già in scena il governo Draghi. Altro che maratona Mentana. Altro che cazziatone alla Varriale. Altro che corazziere gola profonda nel boudoir di Mattarella. Basta guardare il Club, la domenica alle 22.45 su Sky 201, 202, 203… (boh! chi capisce la sciarada delle numerazioni dei canali Sky può spiegarcelo nei commenti più sotto) per capire dove è nato lo spirito dell’ammucchiatona per Marione nostro. Nel programma condotto da Fabio Caressa non c’è mai un diniego, un dissenso, una pernacchietta di disapprovazione, un’ospite che sbatte una scarpa sul tavolo al grido di “Savona ministro”.

Tutto fila via felpato, al lume di una lampada Churchill, tra un delicato sorso di Porto e un’aspirata dolce di Montecristo. Ma soprattutto tutti danno ragione a tutti che nemmeno alle ultime consultazioni al Quirinale. Luca Marchegiani, che in realtà è il cantante Edoardo Vianello sotto mentite e calve spoglie, nonché autore del nuovo Hully Draghy che fa da sottofondo a questa puntata di Kitikaka, apre le danze. “Cristiano Ronaldo, Immobile e Ibrahimovic sono tutti in crescita”. E lo zio Bergomi, molto ragiuniere lumbardo: “Eh si si”. Tocca a Giuseppe Conte/Sandro Piccinini (identici l’aplomb di chi la sa lunga ma non troppo e la riga con ciuffo laterale dell’ex premier) sferrare la sciabolata: “Lo Spezia ha fatto il colpaccio!”. E Billy Costacurta, di fianco a lui, un po’ l’Italia Viva fascinosa e moderna del momento: “Si, sì, è vero”.

A questo punto è il padrone di casa, con quel viso impenetrabile da ex Goldman Sachs e le apparizioni pubbliche ridotte a zero se non “In cucina con Benedetta” (quella marchigiana, of course) a vedere se ci saranno veti sulle sue proposte: “Anche il Torino è in ripresa”. E Piccinini/Conte: “Già, è vero”. Lui che non vuole un ministero si smarca subito, ma sempre in clima di unità nazionale: “La Lazio difende bene”. Bergomi alla ricerca di un ministero pesante ma senza disfare il dialogo costruttivo: “Anche l’Inter”. Costacurta ricuce con qualche sottosegretario: “Eh sì, sì”.

Una piccola smagliatura ma le consultazioni con abbordaggio morbido a prezzo calmierato continuano in armonia. Tocca a Caressa entrare nella fase pleonastica del programma di governo: “Del resto il campionato l’anno scorso si fermò due mesi”. Bergomi: “Esatto!”. Costacurta rilancia: “E adesso comincia la Champions”. Caressa: “Eh sì”. Costacurta ha capito che avrà dicasteri di peso: “Atalanta e Lazio hanno impegni grossi in Champions”. E Bergomi, a compimento dell’asse politico del Nord: “Eh certo”. Piccinini/Conte, quasi in autoanalisi: “Tutti c’hanno le pause”. Caressa draghianamente comprensivo: “Certo, come no”. Piccinini allora prova ad allargarsi sul Recovery e Mes(si): “E se giocassero Leao, Calhanoglu, Rebic e Ibrahimovic insieme?”. Il silenzio invade lo studio. Mugugni. Muggiti. Mattarella telefona preoccupatissimo. La von der Leyen sta azionando il pulsantino rosso dello spread. “Noooooo”, fanno in coro tutti quanti. Piccinini mesto: “Come non detto”. Ci pensa allora il premier in pectore Caressa a ricucire ogni strappo: “Le aspettative contano”. Costacurta: “Eh sì”. Piccinini: “Certo”. Bergomi: “Alla grande, come no?”. E Marchegiani fischietta: “Se prima eravamo in cinque a ballare l’hully draghy, adesso siamo in sei a ballare l’hully draghy/se prima eravamo in sei…” (ad libitum)

Articolo Precedente

Ogni maledetto lunedì o come direbbe Fonseca: ‘Oggi è lunedì perché ieri era domenica’

next