È già successo, era il 1974. L’Italia stava per abbandonare il gasolio per la produzione di energia elettrica, e si preparava a passare al nucleare. All’epoca non c’erano automobili diesel e non c’era un mercato alternativo per tutto quel gasolio. Il nucleare era contro gli interessi dei petrolieri. Così “convinsero” i partiti di governo a continuare ad andare avanti col gasolio. Lo scoprirono i pretori d’assalto di Genova (Almerighi, Sansa e Sossi) e scoppiò lo scandalo dei petroli (poco meno di vent’anni prima di Mani Pulite, per le stesse ragioni). Per evitare che le multinazionali comprassero i politici fu proposto il finanziamento pubblico ai partiti: diamo uno stipendio ai ladri, così non rubano. Un referendum spazzò via l’idea e arrivarono i rimborsi elettorali.

Oggi sembra che la storia si ripeta. Il New Green Deal, per fermare l’impatto dei combustibili fossili sul clima planetario, prevede la transizione dal petrolio alle rinnovabili. Prima il nucleare, e ora le rinnovabili. I grandi produttori, prima di tutto l’Arabia Saudita, si vedono precludere un futuro di grande ricchezza, visto che hanno ancora molto petrolio da estrarre. Prima o poi finirà, ma finché c’è… Come fermare la transizione ecologica? Intanto si può spingere un tipo come Trump verso il potere, così sconfesserà gli accordi sul clima. Ma c’è l’Europa. Bisogna fermare l’Europa. I sovranisti non riescono. In Italia c’è un governo che pare abbastanza affidabile, ha contribuito all’elezione di Ursula von der Leyen a presidente dell’Unione Europea ed è guidato da un avvocato che sembra un pochino più serio dei saltimbanchi che lo hanno preceduto. Ha fatto fuori i sovranisti. La Commissione gli dà 209 miliardi. Si fida. È il più grosso investimento europeo verso la transizione ecologica. Come fermarlo? Il tipo affidabile va fatto cadere. Va sostituito con il primo che passa, basta che la presentazione del PNRR sia ritardata, magari cancellata, oppure che le risorse siano diminuite. Una bella chiave inglese nell’ingranaggio del Green Deal: senza Italia l’Europa non è Europa.

Andiamo a cercare altri episodi, minori. Quando ci fu il referendum sulle concessioni petrolifere partecipai ad una tribuna referendaria assieme a Teresa Bellanova, allora vice ministro allo sviluppo economico del governo Renzi. Conoscevo Teresa perché abitiamo nella stessa città. La conoscevo per la sua appassionata opposizione alle trivellazioni petrolifere nei mari di Puglia e per il suo sostegno a Pier Luigi Bersani, e l’ammiravo per la sua storia. Ma in televisione esortò a disertare il referendum: le piattaforme petrolifere danno lavoro a tante persone: posizione sulle trivellazioni totalmente cambiata. Fallito il referendum, il governo Renzi aprì alle prospezioni per cercare combustibili fossili nelle acque italiane. Intanto cade il ministro Guidi, per faccende legate alle lobbies petrolifere.

Torniamo a oggi. Cade il governo e chi lo ha fatto cadere vola a Riad per una conferenza da 80.000 dollari. Un mio collega canadese mi disse che, come dipendente statale, non può accettare neppure un caffè da persone che abbiano qualche rapporto con la sua amministrazione. Perché questo potrebbe innescare processi di sudditanza psicologica: se sono gentili con me, io mi potrei sentire in dovere di essere gentile con loro.

L’Italia si appresta a innescare un processo di allontanamento dal petrolio come fonte energetica e Renzi che fa? Fa cadere il governo e poi dà la colpa agli altri: io non volevo far cadere il governo, sono loro che lo hanno fatto cadere non accettando le mie proposte. Sembra la barzelletta del tipo che dice: io non sono razzista, sono loro che sono negri. Renzi ha fatto fuori Bersani, e poi Letta, e poi Marino, ha fermato l’alleanza tra PD e M5S subito dopo le elezioni, giocando al massacro di un governo Lega-5S. La politica del pop corn: guardiamo dal divano la rovina del paese. Prima lo aveva fatto consegnando Roma ai 5S, dopo aver fatto fuori il sindaco del PD, pregustando la catastrofe.

Un curriculum ineccepibile: chi meglio di lui può far fuori Conte e fermare tutto? Nessuno. È il migliore. E infatti ci riesce. Tutti si chiedono perché. Se si uniscono i puntini vien fuori un quadro che ricorda vecchi scandali dei petroli. Coincidenze. E poi non ci sono mazzette. I soldi sono legali: conferenze.

Quando Al Gore vinse il Nobel e l’Oscar lo stesso anno (ma perse le elezioni) la Società Italiana di Ecologia lo invitò a tenere una relazione introduttiva al suo congresso annuale. Chiese 10.000 dollari, più le spese. Invitammo Benedetto XVI, per le sue posizioni ecologiste. Non poteva, ma ci mandò un Cardinale, gratis. Parlò delle connessioni tra ecologia e religione. Stava bollendo in pentola quella che il successore di Benedetto chiamò la conversione ecologica (e la Commissione chiama il New Green Deal). Un brutto affare per i petrolieri. Un affare che va fermato. Come minimo ostacolato. Sembra uno di quei film con la Spectre. Non può essere vero. Sono tutte coincidenze. Ma poi, i sauditi… sono brave persone. Lo può testimoniare Khashoggi.

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