Giuseppe Conte ha risposto a tutte le domande alle quali è stato sottoposto nel corso della sua deposizione a Palazzo Chigi sul caso Gregoretti che vede accusato l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, di sequestro di persona e abuso d’ufficio per aver ritardato lo sbarco di 131 migranti a bordo della nave della Guardia Costiera Italiana. E dalle parole del Gup Nunzio Sarpietro, rilasciate al termine dell’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio per l’ex ministro dell’Interno alla quale hanno preso parte anche Salvini, il suo avvocato Giulia Bongiorno e i legali delle parti civili, emerge che esisteva una linea politica condivisa, anche se il giudice sottolinea che è necessario fare una distinzione tra responsabilità penale e politica.

“Il premier Conte ha chiarito che la decisione sul Pos (place of safety) per la Gregoretti è stata presa dall’allora ministro dell’interno Matteo Salvini”, hanno dichiarato gli avvocati delle parti civili dopo la deposizione. Versione confermata dal giudice per l’udienza preliminare che ha parlato di un Conte, oggi sentito come testimone, “molto collaborativo, molto profondo nelle risposte”: “La coralità” delle azioni del governo, ha spiegato, “atteneva alla politica generale, i singoli eventi erano curati dai singoli ministri. Il ministro Salvini prima e la ministra Lamorgese dopo”. I legali difensori di Salvini sostengono che dalle parole del premier dimissionario è emerso che lui ha confermato di essere “stato protagonista” nella politica della redistribuzione prima degli sbarchi.

Alla domanda se vi sia continuità tra la politica migratoria di Salvini e di Lamorgese, Sarpietro ha detto: “Secondo me sì”. “Non parliamo ancora di reati – ha precisato – stiamo parlando di un processo in cui bisogna accertare se c’è un reato. Ma nella politica generale del governo, quella della ricollocazione era una costante, un leit motive generale”. Non a caso, aggiunge, “il presidente del Consiglio credo sia informato di mille cose, ma non può seguire tutto minuto per minuto. Nelle carte ci sono delle lettere in cui si parla di lavoro di squadra, a livello nazionale, internazionale ed europeo”. A chi gli chiede se dunque le responsabilità siano comuni, però, risponde: “Bisogna vedere di che responsabilità parliamo, se parliamo di responsabilità politica è una cosa, la responsabilità penale è un’altra”.

Dalla difesa di Salvini traspare comunque ottimismo, convinti che dalla deposizione del premier sia emerso che l’ex ministro abbia tutelato l’interesse nazionale e agito in linea con la politica del Governo. Il premier, dicono, ha confermato di essere “stato protagonista” nella politica della redistribuzione prima degli sbarchi. Gli avvocati di Salvini si sono basati anche su nuovi documenti ottenuti dopo la precedente udienza di Catania e che, a loro giudizio, confermano che Salvini operò in linea con la politica governativa: il ministro si opponeva allo sbarco in attesa della redistribuzione dei migranti. Una prassi, ricordano, proseguita anche con il governo giallorosso.

Nel corso dell’esame di Conte, i legali hanno evidenziato un altro aspetto: il premier aveva scritto a Salvini per sollecitare lo sbarco dei minori a bordo della Open Arms, episodio successivo alla Gregoretti ma avvenuto negli ultimi giorni del Conte I, senza fare cenno ai maggiorenni e senza aver mai preso iniziative simili in precedenza. L’ennesima dimostrazione, secondo la difesa, della piena consapevolezza e condivisione del governo. A questo si aggiunge una lettera aperta di Conte, ricordata in udienza da Bongiorno, che sul Corriere della Sera ribadiva implicitamente, sostengono, di non aver mai voluto far sbarcare i migranti maggiorenni. “Sono molto soddisfatto, emerge che ho difeso l’Italia e gli italiani da ministro”, ha commentato il leader della Lega. “Siamo soddisfatti – ha continuato Bongiorno – Conte ha ribadito quanto detto da Salvini. Col governo Conte I c’è stato un cambio di linea sull’immigrazione e si è stabilito che le redistribuzioni dei migranti si decidessero prima degli sbarchi. Il premier ha parlato di gioco di squadra e quella di Salvini non è stata quindi la scelta scellerata di un singolo ministro ma una linea che Conte ha condiviso”.

Diversa la posizione delle parti civili, secondo le quali “la decisione di non autorizzare lo sbarco della nave Gregoretti nel luglio del 2019 fu presa in assoluta autonomia da Matteo Salvini. Chiediamo che venga fatta giustizia per questi migranti naufraghi – dice l’avvocato di Legambiente Daniela Ciancimino -, sono persone che vengono da Paesi dell’Africa in cui ci sono violenze e guerre”. L’avvocato Antonio Ferroleto di Arci ha aggiunto che “il presidente Giuseppe Conte, ma anche l’ex ministro Toninelli, hanno tracciato una linea molto chiara del programma politico del governo che comportava una serie di iniziative. La decisione di non fare sbarcare gli oltre 130 migranti dalla Gregoretti fu un atto amministrativo e non politico”. E ancora: “Conte ha detto oggi che non è mai stato coinvolto in modo diretto sull’assegnazione del Pos”. Per le parti civili “la linea difensiva è adesso di scrollare le responsabilità personali di Salvini, quando sappiamo che dal punto di vista della propaganda lui si assegnava tutti i poteri. In quei mesi era in preda a un delirio di onnipotenza, invece in questi mesi c’è il tentativo di scagionarlo o di chiamare in correità altri ministri”.

Una versione, questa, che le parti civili ritengono irricevibile, visto che “il premier Conte ha detto che neppure nelle riunioni informali tra ministri si era mai parlato di come gestire in concreto la fase dello sbarco che metteva capo a una decisione del ministro dell’Interno. La decisione sullo sbarco e il trattenimento delle navi con a bordo i migranti che avevano già ottenuto il Pos è stata presa da Matteo Salvini”.

La prossima udienza è stata fissata al 19 febbraio, quando a Catania saranno sentiti “l’allora vicepresidente del Consiglio Di Maio, la Lamorgese e l’ambasciatore Massari nell’aula bunker di Bicocca a Catania”, ha aggiunto Sarpietro.

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