Nozze naufragate. L’acquisizione da parte di Fincantieri dei Chantiers de l’Atlantique, ex Stx, che era in ballo ormai dall’aprile 2017, non s’ha da fare. L’ufficializzazione è arrivata mercoledì sera con una nota del ministero dello Sviluppo economico, dopo un incontro telefonico tra il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire il titolare dello Sviluppo Stefano Patuanelli e Margrethe Vestager, vicepresidente esecutivo della Commissione europea: Italia e Francia “riconoscono che il contesto attuale” e “le incertezze senza precedenti sul mercato turistico non consentono di procedere alla prevista operazione”. Il termine per trovare un’intesa era stato prorogato fino a fine mese, ma nelle ultime ore era apparso sempre più chiaro che non se ne sarebbe fatto nulla. L’accordo di acquisto di azioni su Chantiers de l’Atlantique, firmato dallo Stato francese, da Fincantieri e Naval Group il 2 febbraio 2018, si concluderà il 31 gennaio 2021, dopo cinque proroghe.

Da più di tre anni fra Italia e Francia andava avanti un tira e molla a dir poco imbarazzante. E che mai ha avuto precedenti a parti inverse. Dopo aver deciso la cessione dei Chantiers de l’Atlantique con il presidente Francois Hollande, a luglio 2017, Parigi cambia idea con l’arrivo di Emmanuel Macron. I francesi cambiano le carte in tavola dopo che, appena due mesi prima, Fincantieri aveva già firmato l’accordo di compravendita per il 66,66% del capitale al prezzo di 79,5 milioni di euro. Così il nuovo ministro dell’economia Le Maire annuncia la decisione dello Stato francese di esercitare il diritto di prelazione su Stx France, con conseguente nazionalizzazione dei cantieri di Saint-Nazaire. Nella visione francese, si tratta di una “decisione temporanea, che dà il tempo di negoziare nelle migliori condizioni possibili”.

In realtà solo a febbraio del 2018 Fincantieri riesce poi a firmare con lo Stato francese l’accordo di compravendita per l’acquisizione del 50% del capitale di Stx France al prezzo di 59,7 milioni di euro, “pagabili tramite risorse finanziarie disponibili” come spiega il gruppo guidato da Giuseppe Bono. “In ottemperanza a tale accordo, al closing dell’operazione verranno altresì firmati i patti parasociali tra gli azionisti ed il contratto di prestito a Fincantieri dell’1% del capitale azionario di STX France i cui termini sono già stati concordati tra le parti” puntualizzò all’epoca il gruppo cantieristico italiano controllato da Cassa Depositi e Prestiti.

Ma, a gennaio 2019, la Commissione europea accoglie la domanda presentata da Francia e Germania che la invitano a esaminare la proposta di acquisizione di Chantiers de l’Atlantique da parte di Fincantieri alla luce del regolamento sulle concentrazioni. L’indagine inizia ad ottobre 2019. Ma poi arriva il Covid a rallentare ancora ancora l’operazione: “Nel contesto dell’epidemia e delle sue relative conseguenze sulla ripresa del mercato della cantieristica, la Commissione europea non ha raggiunto una posizione finale sulla transazione”, si legge nella nota del ministero che arriva mentre il governo italiano è dimissionario e i francesi sempre più aggressivi come dimostrano sia il caso Vivendi che quello Stellantis.

Il punto è che questa acquisizione sarebbe stata importante per rafforzare la cantieristica civile di Fincantieri che, a sua volta, ha un impatto sull’intera filiera nautica italiana. E che, ad agosto, ha potuto beneficiare della garanzia pubblica di Sace sul prestito da 1,15 miliardi ottenuto da un pool di banche e utilizzato “solo ed esclusivamente” – come riferisce l’azienda – per il pagamento dei fornitori e degli stipendi del nostro personale (5mila dipendenti in Italia con un fatturato superiore a 1,5 miliardi”. Non per l’esternalizzazione, come invece sostiene una parte della filiera italiana dell’industria cantieristica.

Certo il denaro in arrivo con il Recovery fund potrebbe essere l’occasione giusta per sostenere l’intero settore, particolarmente attento alle tematiche ambientali. E sotto pressione post Covid. Con Fincantieri come leader di un segmento ad alto potenziale di crescita. Secondo quanto riferisce un’indagine sul 2020 condotta dalla Confindustria nautica, l’Ucina, “l’industria nautica potrebbe chiudere il 2020 con una sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente – si legge in una nota – Analizzando invece l’indotto a valle del turismo nautico compaiono tutte le criticità derivanti dagli effetti della pandemia sugli spostamenti internazionali, con l’evidente mancanza di clientela extra Ue nel Mediterraneo. Se per la portualità e i servizi circa il 57% del campione segnala una riduzione di fatturato, questo dato sale addirittura all’82% per il segmento del charter nautico, con due imprese su tre che indicano una contrazione del volume di affari superiore al 20 per cento”. Tempi difficili, insomma. “La cantieristica italiana è un settore di eccellenza con maestranze di elevato livello sul territorio nazionale – ricorda il direttore generale della Confindustria nautica, l’Ucina, Marina Stella – Questa crisi ci ha insegnato quanto sia importante produrre sul territorio. Siamo convinti che il governo saprà tenere in giusto conto questo aspetto nel momento in cui verrà decisa la distribuzione delle risorse per rilanciare il Paese”.

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