E’ stato un grande bluff: è passato quasi un anno e confermo la mia analisi sul Decreto “Liquidità”, il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (convertito poi nella legge 5 giugno 2020, n. 40) presentato con enfasi dal presidente del Consiglio come “una misura storica che avrebbe messo a disposizione delle aziende i finanziamenti, benché garantiti al 100% dallo Stato, subito e senza aspettare l’ok del Fondo”.

Dichiarazioni roboanti e populiste (“soldi subito a tutti gli imprenditori”), impegni disattesi (“da lunedì 20 aprile in 48 ore le banche erogheranno i finanziamenti”) e tentativi di ribaltare il piano delle responsabilità (“metteremo l’esercito a difesa delle filiali assaltate dai clienti”) furono le parti di quella che per me resta la sceneggiatura di una grande farsa politica.

In quella occasione non evitai di rimarcare che, visti i vincoli e i lacciuoli previsti dal dispositivo ma mai evidenziati dal premier nelle sue roboanti dichiarazioni (si può parlare di populismo anche a sinistra?), sarebbe stato un miracolo se le agevolazioni fossero state concesse al 30% delle piccole imprese italiane. Non mi sbagliavo.

Ad oggi, così come riportato dallo stesso Fondo di Garanzia del Mise, rispetto ai circa 5 milioni di Pmi presenti nel nostro paese, solo 1,6 milioni di imprese hanno ricevuto i previsti finanziamenti.

Forse memore della brutta figura, sicuramente distratto in questi giorni dalla campagna acquisti dei senatori per la definizione di una maggioranza parlamentare, molto probabilmente influenzato dalla lobby bancaria che vorrebbe evitare di lavorare troppo, il presidente Conte si è ben guardato, questa volta, dal far rullare i tamburi per una disposizione del 13 gennaio che, invece, avrebbe meritato una giustificata amplificazione (senza enfasi) per aver apportato importanti modifiche al citato Decreto Liquidità.

E meraviglia ancor di più l’assoluta indifferenza mediatica su una misura che potrebbe, se bene conosciuta dai cittadini e dagli imprenditori, alleviare un pochino le pene attuali e future derivanti dalla grave crisi economica. Si tratta di due sensibili ritocchi alla legge che sono passati inosservati.

Innanzitutto è possibile richiedere, per i finanziamenti già concessi alla data del 13 gennaio 2021, indipendentemente dalla loro erogazione, il prolungamento della loro originaria durata (massimo 10 anni) fino alla durata massima di quindici anni. Le richieste dovranno essere inviate direttamente dalle banche al Fondo di Garanzia ma è bene ricordare che, ecco il punto fondamentale, l’agevolazione deve essere concessa automaticamente, gratuitamente e senza valutazione da parte del soggetto finanziatore (banca) che può addirittura erogare il finanziamento, subordinatamente alla verifica formale del possesso dei requisiti, senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria da parte del Fondo di Garanzia.

Care banche, il testo è chiaro: nessuna narrazione creativa, cosi come avvenuta nella prima fase del lockdown, per rendere difficile la vita agli imprenditori e ostacolare l’esercizio di questo diritto!

In secondo luogo diventa operativa la modifica della normativa relativa al microcredito con l’innalzamento dell’importo massimo da 25mila a 40mila euro. Non solo, ma resta invariata la possibilità, prevista dalla vigente normativa al verificarsi di determinate condizioni, di incrementare l’importo del finanziamento di ulteriori 10.000 euro, consentendo di raggiungere un importo massimo pari a 50mila euro. Sembra poco ma, di questi tempi, non lo è affatto.

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