Sarà beato don Giovanni Fornasini, il sacerdote partigiano che fu ucciso dai nazisti per averli accusati apertamente della strage di Marzabotto, dove morirono quasi 2mila persone. Lo ha deciso Papa Francesco autorizzando la Congregazione delle cause dei santi a emanare il decreto sul martirio in odio alla fede del prete ucciso a San Martino di Caprara il 13 ottobre 1944. Una scelta che ha registrato la soddisfazione dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Fornasini nacque a Pianaccio di Lizzano in Belvedere, in provincia di Bologna, il 23 febbraio 1915. Entrato in seminario nel 1931, fu ordinato diacono nel 1941 e inviato a Sperticano. Qui fu prima nominato vicario parrocchiale e poi prese il posto dell’arciprete. Nel tragico periodo dell’occupazione tedesca il futuro beato trasformò la sua parrocchia in un vero e proprio “cantiere della carità”, mettendosi a disposizione di tutti coloro che necessitavano di soccorso. Il 25 luglio 1943 fece suonare le campane a festa quando Mussolini venne destituito. Il giovane sacerdote fu molto vicino ai partigiani della Brigata “Stella Rossa” e durante l’occupazione difese la popolazione dalle violenze dei nazisti. Venne ucciso all’età di 29 anni, il 13 ottobre 1944, nei pressi della cappella di San Martino, a Marzabotto.

Successivamente gli venne conferita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria con questa motivazione: “Nella sua parrocchia di Sperticano, dove gli uomini validi tutti combattevano sui monti per la libertà della patria, fu luminoso esempio di cristiana carità. Pastore di vecchi, di madri, di spose, di bambini innocenti, più volte fece loro scudo della propria persona contro efferati massacri condotti dalle SS germaniche, molte vite sottraendo all’eccidio e tutti incoraggiando, combattenti e famiglie, ad eroica resistenza. Arrestato e miracolosamente sfuggito a morte, subito riprese arditamente il suo posto di pastore e di soldato, prima tra le rovine e le stragi della sua Sperticano distrutta, poi a San Martino di Caprara dove, pure, si era abbattuta la furia del nemico. Voce della fede e della patria, osava rinfacciare fieramente al tedesco l’inumana strage di tanti deboli ed innocenti richiamando anche su di sé le barbarie dell’invasore e venendo a sua volta abbattuto, lui pastore, sopra il gregge che, con estremo coraggio, sempre aveva protetto e guidato con la pietà e con l’esempio”.

Durante il secondo conflitto mondiale don Fornasini prestò soccorso specialmente agli sfollati e alla gente rimasta in paese, tra cui molti anziani e bambini. Più volte era intervenuto presso i tedeschi per aiutare i prigionieri o per far rilasciare persone catturate ingiustamente. Fra il 28 e il 29 settembre 1944 vi fu la prima strage sul Monte Sole in cui furono sterminate 770 persone. Il 29 settembre, nel contesto delle vendette belliche naziste, don Fornasini fu imprigionato dalle SS, ma venne rilasciato perché riconosciuto estraneo alla lotta partigiana. Il 13 ottobre 1944 un ufficiale delle SS chiese al sacerdote di seguirlo in montagna per dare sepoltura ad alcune persone. Don Fornasini lo accompagnò fino a San Martino di Caprara, ma da qui non fece più ritorno. Il suo corpo venne recuperato nell’aprile 1945 dal fratello. Secondo la ricostruzione, la morte sarebbe avvenuta dopo un’agonia dovuta a numerosi maltrattamenti.

Nel processo di beatificazione il Vaticano ha preso innanzitutto in considerazione il complesso quadro creatosi in Italia dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943 e le conseguenti ritorsioni belliche. Le azioni partigiane nei confronti dei tedeschi scatenarono le feroci rappresaglie naziste contro la popolazione. Dopo i massacri avvenuti sul Monte Sole, don Fornasini si era prodigato in un’intensa attività di mediazione per evitare ulteriore spargimento di sangue tra i civili. Per questo suo ruolo il sacerdote era avvertito come una presenza molto scomoda per i nazisti che lo percepivano come un ostacolo. Per cui, secondo la Santa Sede, “l’odium fidei fu la ragione prevalente dell’uccisione. Il suo assassinio fu motivato da una specifica avversione al ministero” sacerdotale che don Fornasini esercitava. Il giovane prete era consapevole dei rischi per la propria incolumità. Benché i sacerdoti della zona avessero ricevuto il permesso dall’autorità ecclesiastica di abbandonare le canoniche per rifugiarsi in città, don Fornasini volle restare sempre tra la sua gente.

Foto tratta dal canale Youtube della Casa della conoscenza – Biblioteca C. Pavese

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