Nuovi segnali di disappunto sui mercati per la situazione politica italiana. Come già successo martedì, i rendimenti dei titoli di Stato hanno ripreso a salire anche oggi. Soprattutto dopo l’asta del Tesoro che questa mattina ha collocato Btp a 3, 7 e 30 anni per un valore complessivo di 9,2 miliardi di euro con cedole in aumento. In particolare sono stati venduti Btp a 3 anni per 2,7 miliardi di euro con rendimento a – 0,23% vale a dire 7 punti in più rispetto all’asta precedente dello scorso 10 dicembre. Più marcato l’aumento nell’emissione di Btp a 7 anni da 4,5 miliardi : il rendimento è salito di 11 punti toccando lo 0,30% a fronte di una domanda di 6,43 miliardi. Il Tesoro ha anche collocato 2 miliardi di Btp a 30 anni con rendimento lordo dell’1,47% e un rapporto di copertura di 1,37 (domanda a 2,734 miliardi).

Le aste hanno innescato anche l’incremento del i rendimenti dei titoli decennali già sui mercati e, di conseguenza dello spread. I Btp a 10 anni sono tornati sopra lo 0,6%; lo spread, ossia la differenza di rendimento tra i titoli decennali italiani e quelli tedeschi, si è allargato fino ad oltre 120. Quello tra Germania e Spagna è la metà. Tanti numeri che significano una cosa sola: la crisi politica abbiamo già iniziato a pagarla di tasca nostra. Gli investitori temono che i travagli politici italiani si traducano in un rallentamento dei tempi della ripresa economica italiana e quindi in una maggiore pressione sulle nostre finanze pubbliche. Ritengono quindi un po’ più rischioso di prima investire in Italia e quindi chiedono interessi più alti per farlo. L’entità dei movimenti sui mercati è stata sinora modesto anche grazie all'”effetto sedativo” della Banca centrale europea che , in virtù dei suoi programmi “pandemici”, sta facendo incetta di titoli di Stato sui mercati appiattendo i rendimenti in tutti paesi.

Ciò non di meno visto il cospicuo ammontare dei titoli italiani in circolazione basta davvero poco per produrre effetti sulle nostre casse pubbliche. I nostri titoli di Stato sul mercato superano i 2mila miliardi di euro, con una durata media di poco inferiore a 7 anni. Significa che ogni anno arrivano mediamente a scadenza titoli per 300 miliardi di euro. Il loro rimborso è finanziato per lo più con nuove emissioni di eguale ammontare. Facendo due conti molto approssimativi basterebbe un aumento medio dei rendimenti dello 0,1% per aumentare la spesa di interessi a carico del Tesoro di 300 milioni. Per inciso è lo stesso ammontare dell’ipotetico risparmio di interessi che deriverebbe dal ricorso alla totalità dei 36 miliardi di prestiti Mes.

Sempre in tema di titoli di Stato, Bankitalia ha oggi reso noti di aver acquistato (nell’ambito dei programmi avviati dalla Banca centrale europea) quasi 90 miliardi di euro in titoli italiani nei primi 6 mesi del 2020. Il sistema bancario ne ha acquistati quasi 60 miliardi, impegnando sostanzialmente per intero le maggiori passivita’ (4,7% rispetto a giugno 2019) derivanti dalla raccolta di depositi (6,5%) soprattutto da famiglie e società non finanziarie. I soldi non vengono quindi usati per l’attività bancaria vera e propria ossia il finanziamento dell’economia reale ma per guadagnare attraverso operazioni finanziarie sui titoli. Lo stock di titoli di Stato italiani in portafoglio ha raggiunto l’11%del totale delle attivita’ finanziarie del sistema bancario, il valore piu’ elevato degli ultimi venti anni.

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