Nemonte Nenquimo è sicuramente uno dei volti più significativi di questo 2020 in America Latina e non solo. Le battaglie, e le vittorie, di questa indomita donna indigena waorani di 33 anni hanno varcato i confini dell’Ecuador, paese nel quale è nata e cresciuta.

Ascesa alle cronache internazionali per essere diventata la “defensora de la Amazonia” (difensore dell’Amazzonia) ed aver strappato all’industria petrolifera ben 200 000 ettari di foresta pluviale, Nemonte Nenquimo è stata nominata dalla rivista Time come una delle 100 persone più influenti del mondo nel 2020, dalla Bbc come una delle 100 donne fonti di ispirazione e, dulcis in fundo, il 30 novembre scorso le è stato assegnato il premio Goldman (Goldman Environmental Prize), conosciuto anche come il premio Nobel per l’ambiente.

Nemonte, il cui nome nella sua lingua ancestrale Wao-terero significa stella, non ha però perso di mira il suo scopo e dopo i premi e le celebrazioni e ritornata a lottare per la difesa dell’Amazzonia. In un comunicato rilasciato alla stampa internazionale, ha ringraziato per aver ricevuto il premio Goldman, spiegando: “Ricevo il premio in nome della lotta collettiva del mio popolo per proteggere ciò che amiamo: la nostra forma di vita, i nostri fiumi, gli animali, i boschi, la Vita sulla Terra. Insieme lottiamo per il rispetto dei nostri diritti, l’autogoverno e l’autodeterminazione sui nostri territori e sulle nostre vite. In questo modo abbiamo fermato la vendita di centinaia di migliaia di ettari del nostro territorio all’industria petrolifera internazionale, creando un precedente perché altri popoli indigeni possano proteggerne molti altri”.

E proprio come aveva preannunciato, il 26 dicembre ha reso pubblica una dichiarazione sulle sue reti sociali, comunicando che destinava la somma economica ricevuta con il premio Goldman, 200 000 dollari, alla promozione di una campagna di raccolta fondi a sostegno delle comunità che lottano per proteggere le culture ancestrali, le foreste e il pianeta. L’obiettivo è quello di raddoppiare la cifra donata da Nemonte e sensibilizzare la comunità internazionale sull’urgente necessità di proteggere gli ecosistemi del nostro pianeta e i popoli indigeni, loro guardiani ancestrali.

La stessa Nenquimo ha lanciato un vero e proprio manifesto attraverso l’organizzazione Alianza Ceibo (alleanza di quattro popoli indigeni: A’i Kofan, Siekopai, Siona e Waorani) della quale è fondatrice: “Noi appartenenti ai popoli indigeni siamo custodi di molta saggezza, siamo qui da migliaia di anni e sappiamo mantenere una connessione spirituale con la natura, rispettandola e vivendo con lei in armonia. Anche le persone del mondo, della città, devono rispettarla perché la Madre Terra è la fonte della vita di tutta l’umanità: senza terra, acqua, aria, non saremmo qui. Mi piacerebbe che anche il resto del mondo potesse fare la sua parte in questa lotta. Non aspettate che siano solo i popoli indigeni a combattere. Abbiamo bisogno che lottiate con noi per proteggere l’Amazzonia. Se ci uniamo, tutti e tutte insieme possiamo cambiare il futuro delle nostre generazioni.”

Le parole di Nemonte Nenquimo sono chiare, forti, determinate, proprio come lo è stata la sua lotta cominciata nel 2012. Quell’anno, lo stato ecuadoriano portò avanti in modo informale e inadeguato una consultazione previa con la popolazione indigena della regione amazzonica di Pastaza che aveva come oggetto l’ottenimento del “via libera” per lo sfruttamento petrolifero della zona. Secondo quanto stabilito dall’Oil (Organizzazione Internazionale del Lavoro) nella Convenzione dei popoli indigeni e tribali del 1989 (n. 169), le consultazioni devono avvenire seguendo determinati criteri che ne garantiscano la trasparenza e la validità.

In quel caso, come stabilito nella sentenza di luglio 2020, che ha visto vincitore il popolo indigeno Waorani, la consultazione era stata realizzata in modo fraudolento, senza interpreti, senza aver convocato tutta la comunità e ottenendo in quel modo delle firme, delle poche persone presenti, su documenti che autorizzavano lo sfruttamento di un campo petrolifero segnalato sulle mappe come il Blocco 22: più di 200 000 ettari di foresta amazzonica che includono i territori ancestrali di 16 popoli indigeni.

Ora, in questo fine 2020, mentre affrontiamo globalmente una pandemia che ha cambiato le nostre vite e che ci ha portato a risignificare e ripensare il nostro spazio e il nostro tempo, dobbiamo decidere se seguire questa stella… Sarà un caso che Nemonte significhi stella e che, come successo migliaia di anni fa, proprio lei ci indichi il cammino verso una speranza, verso una nuova nascita, verso un altro futuro possibile.

Da parte mia, grazie Nemonte, donna guerriera della selva, madre, combattente e protettrice della foresta e della Vita.

Articolo Successivo

L’Argentina legalizza l’aborto. Premier: “Oggi siamo una società migliore”. Ma si apre lo scontro tra governo e Vaticano

next