L’Italia delle Pedemontane autostradali o stradali che siano è in fermento finanziario. Oltre a quella veneta (94 km di asfalto complessivi) e a quella lombarda (65 km, un po’ meno di 30 dei quali già aperti e sempre vuoti), premono la pedemontana marchigiana (5 km), quella piemontese (40,5 km), quella emiliana (5,2 km), quella laziale (7,9 km) e quella della piana calabra (22 km).

Dovunque ci sia almeno una collina c’è una pedemontana in attesa di essere realizzata o in attesa di automobili o Tir se realizzata. Ogni pedemontana è la bella di mamma sua, verrebbe da dire. Tutte strade o autostrade “essenziali e strategiche” per lo sviluppo del territorio, secondo i promotori, che non pensano però ai fabbisogni finanziari e alla domanda del traffico – che già ora è inesistente, e dopo la pandemia lo sarà ancora di più.

Tutte essenziali e strategiche, e che si sarebbero dovute finanziare da sole con il metodo del project financing, hanno invece bisogno di sempre maggiori finanziamenti pubblici. E’ il caso della pedemontana veneta, che ha fatto storcere il naso alla corte dei Conti quando questa ha saputo che la regione del presidente Zaia si è impegnata a rimpinguare le casse della concessionaria con 760 milioni di euro, impegnando 12 milioni dei cittadini veneti ogni anno da qui al 2059.

Proprio come successo per la pedemontana lombarda, anche in Veneto una regione a guida leghista si fa carico dei rischi che dovrebbero essere del concessionario. E così concessioni che dovrebbero e potrebbero tornare pubbliche restano private ma pagate e garantite con soldi pubblici.

La strada scelta da Luca Zaia, cioè sostenere con soldi pubblici l’evidente riduzione del traffico rispetto alle stime inizialmente previste per la pedemontana veneta, è già stata percorsa dalla regione Lombardia, che sta finanziando la Brebemi con 20 milioni annui dal 2017 al 2031 (per un totale di 360 milioni), così da non far fallire uno dei gioielli del federalismo autostradale lombardo, prima ciellino ora leghista. E pure la sua gemella, la pedemontana lombarda, nel 2017 si è vista garantire un mutuo da 200 milioni dall’ex Governatore Bobo Maroni, giusto in tempo per non fallire. E in questi giorni, sempre la Regione Lombardia regala altri 150 milioni, mentre soldi per mantenere le pericolose strade provinciali non ce ne sono.

Anche pedemontana veneta era un progetto talmente insostenibile: nell’atto di convenzione si è stabilito che la regione verserà ai costruttori un canone annuo, ma incasserà direttamente i pedaggi. Risultato? Il canone dovrà pagarlo in ogni caso, mentre i pedaggi non li riscuoterà se non in misura minima, se l’opera verrà conclusa e quando (e se) verrà passata di rango, da superstrada (quella attualmente prevista) ad autostrada.

Per finire, a batter cassa in questi giorni è anche la pedemontana marchigiana. Altra storia, ma stesse necessità finanziarie e costruttori che dettano legge: per far andare avanti i lavori, infatti, la regione ha dovuto anticipare il 30% dell’importo dovuto per ultimare i lavori (fin qui finanziati dallo Stato) da quasi 10 milioni di euro.

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