Non se ne sono accorti in molti, ma intorno alla metà di aprile la Regione Lombardia stanziava 150 milioni in quattro anni per la sua controllata autostradale, Serravalle, storico gestore delle tangenziali milanesi e della Milano-Genova. In quei giorni mancavano camici, mascherine, tamponi, posti letto, medici di base e le terapie intensive erano ai limiti del collasso.
Diciamo subito che non ci sarebbe nulla di male a ricapitalizzare una società chiave per la viabilità lombarda, sia pure nel cuore di un’emergenza sanitaria. Se non fosse che quei soldi erano destinati a un’arteria costosissima, poco trafficata, progettata male e con un piano finanziario che – tra contributi a fondo perduto, perdite e defiscalizzazioni – ha già presentato alla collettività un conto di oltre 2 miliardi, di cui più della metà versati direttamente dallo Stato. Senza contare le iniezioni di capitale della capogruppo Serravalle, appunto, e le garanzie regionali di 600 milioni sui futuri finanziamenti bancari. Parliamo di Pedemontana Lombarda, una settantina di km tra i maggiori feudi leghisti delle provincie di Bergamo e Varese.
L’opera è al 40% del tracciato e mancano all’appello almeno 2 miliardi di prestiti a lungo termine che, caso pressoché unico, le banche si sono ben guardate dal mettere in 30 anni di storia di questa sfortunata infrastruttura. Una situazione surreale che ha trascinato la società sull’orlo del fallimento, scongiurato solo dall’intervento della regione.
Se è tempo di bilanci sulla politica sanitaria, forse è utile allargare lo sguardo. Perché tutto si tiene. Lo smantellamento della sanità pubblica è avvenuto in parallelo a uno stillicidio di sprechi, tra i quali spicca l’ipertrofia autostradale della Regione Lombardia, campione nazionale del consumo di suolo e degli inquinanti da combustione. Tre autostrade tuttora a corto di traffico – Brebemi, Teem e Pedemontana – hanno risucchiato 1,9 miliardi a fondo perduto, che potevano essere impiegati in modo infinitamente più utile rafforzando la medicina di territorio, solo per stare all’attualità. C’è da pensarci, a prescindere dal legame tra polveri sottili e virus, in una delle zone più inquinate d’Europa.
Sarebbe un peccato se per uscire dall’impasse economica inaugurassimo una nuova stagione di cemento e asfalto, purché sia, mettendo nuove ipoteche alle opere davvero utili.
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