“Troppi tagli sconsiderati e soldi ai privati. Il diritto alle cure mediche non è negoziabile”. Sono le frasi chiave dell’intervento di Gino Strada sulla sanità pubblica in Itala pubblicato da La Stampa. Per il fondatore di Emergency, oggi impegnato anche nel sostegno agli ospedali calabresi, la pandemia “ha messo in evidenza l’estrema fragilità del nostro sistema sanitario. Siamo stati travolti, come la quasi totalità degli altri Paesi, da un’emergenza incontestabile. Molte delle nostre difficoltà si devono a questo, ma non possiamo ignorare che si tratta perlopiù di problemi strutturali, non emergenziali“.

“Nel decennio 2010-2019”, ricorda Strada, “tra tagli e definanziamenti al Sistema sanitario nazionale, sono mancati circa 37 miliardi, con un investimento che non recupera neanche l’inflazione. Oggi spendiamo in sanità circa 120 miliardi ogni anno, l’8,7% del Pil rispetto alla media europea del 9,9%. Gli ospedali sono stati trasformati in aziende e i mantra degli ultimi anni sono stati il ‘contenimento della spesa ed efficientamento dell’esistente’, i piani di rientro e il pareggio di bilancio“. Ma “di quale sanità hanno bisogno i cittadini? La risposta è semplice: una sanità pubblica, unica e non regionale, gratuita e di alta qualità. Quanto deve spendere lo Stato per realizzarla? Quanto serve: non un euro in più, non un euro in meno. Non sono un ingenuo, so cosa significa misurare le risorse disponibili sui progetti da realizzare”.

Ma dove prendere le risorse? “Ci sarebbero, e in abbondanza”, argomenta il fondatore di Emergency. “Basterebbe eliminare i fondi destinati al privato dal budget della sanità pubblica. Ogni anno se ne vanno in convenzioni con ospedali e varie strutture private circa 25 miliardi, pari al 20,3% della spesa sanitaria complessiva. Recuperare al pubblico quel fiume di denaro significherebbe avere a disposizione, all’incirca, un Mes ogni anno da investire nella sanità per rinforzare il nostro Sistema sanitario nazionale. Essere curati è un diritto universale e un bene comune, ed è conveniente per la società che venga tutelato nell’interesse di tutti. Invece, pur con differenze regionali, una quota sempre maggiore del budget sanitario va in convenzioni e accordi con il privato innescando una spirale pericolosa”.

“Solo 9 miliardi dei 209 del Recovery Fund“, chiude Strada, “verranno usati per investimenti nel settore sanitario. Poco più del 4% per un settore fondamentale per la vita di tutti noi. Se neanche una pandemia epocale – con quasi 70 mila morti in Italia – riesce a farci riorganizzare le nostre priorità, stiamo perdendo l’ultima occasione per riformare le basi della società in cui vogliamo vivere”.

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