L’intesa c’è. Dopo mesi di ritardi, trattative e ricatti, culminati con il veto di Ungheria e Polonia che rischiava di far saltare il banco, i leader europei hanno ufficialmente raggiunto l’accordo sul Recovery fund e il bilancio dell’Unione per il 2021-2027. “L’Europa va avanti!”, esulta la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Saranno messi in campo “1.800 miliardi per alimentare la nostra ripresa e costruire una Ue più resiliente, verde e digitale”. La svolta è arrivata al termine della prima giornata del Consiglio europeo, dopo che ieri Varsavia aveva fatto sapere di aver raggiunto un compromesso con la presidenza tedesca sulla clausola dello stato di diritto che accontenta anche l’alleata Ungheria. Vengono quindi scongiurati l’esercizio provvisorio e la necessità dover ricorrere a un piano B, cioè a un accordo a 25, che sarebbe stato meno potente e più complicato da realizzare visto che per costruirlo bisognava ripartire da zero.

Il via libera arriva in tempo utile per rispettare la tabella di marcia: a gennaio entrerà in vigore il nuovo bilancio con i nuovi programmi indirizzati alla transizione verde e digitale, e il Recovery fund comincerà a erogare fondi dalla primavera. Un successo che secondo il commissario Paolo Gentiloni è tutto della cancelliera tedesca: “Non avevo dubbi. Alla fine i veti su Next Generation Eu sono stati superati. La firma è di Angela Merkel“. “Ora possiamo cominciare con l’attuazione e la ricostruzione delle nostre economie. Il nostro monumentale pacchetto di ripresa guiderà la transizione verde e digitale”, scrive su Twitter il presidente del Consiglio Ue Charles Michel. L’intesa tra i leader arriva a cinque mesi di distanza da quello storico via libera di fine luglio che ora permetterà ai Paesi più colpiti dalla pandemia (Italia in testa) di ricevere prestiti e contributi a fondo perduto da Bruxelles. “Questo significa poter sbloccare le ingenti risorse destinate all’Italia: 209 miliardi. Approvato anche il Bilancio pluriennale”, ha dichiarato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Ora avanti tutta con la fase attuativa: dobbiamo solo correre!”.

A sbrogliare la matassa dei veti incrociati di Ungheria e Polonia è stata la Germania, a cui spetta la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione. L’accordo si sostanzia in una dichiarazione che precisa e delimita il funzionamento del meccanismo che potrebbe portare al blocco dei fondi per quei Paesi che minano l’indipendenza dei propri sistemi giudiziari o limitano i poteri della stampa o dei cittadini (il punto più contestato da Varsavia e Budapest). Al testo delle conclusioni sul Next Generation Eu verranno quindi aggiunge circa cinque pagine supplementari a cui i servizi giuridici del Consiglio hanno già dato l’ok e che ora è al vaglio di quelli delle capitali. Una “dichiarazione interpretativa” sulla condizionalità dello stato di diritto, come l’ha definita il premier Conte, che non dovrà ridurre le garanzie del testo originario. In sostanza la dichiarazione aggiunge un passaggio che potrebbe allungare i tempi di applicazione della condizionalità, perché chiede alla Commissione di preparare delle linee guida sul regolamento e di non applicarne le misure fino ad allora. Inoltre, chiarisce che il meccanismo si applicherà solo ai fondi previsti dal 2021 in avanti e dopo che si siano espressi altri strumenti di garanzia delle leggi europee, come la Corte di Giustizia. Altro modo per ritardare l’eventuale stop ai fondi.

“Penso che sia una proposta molto utile perché ci può far fare finalmente un passo in avanti“, ha commentato in giornataGentiloni. “Non credo sia toccata minimamente l’intesa che era stata raggiunta dal Consiglio con il Parlamento europeo e credo che saranno i leader a valutarla – ha aggiunto -, ma che una valutazione positiva potrebbe aprire la strada finalmente alla partenza del percorso di ratifiche e quindi all’attuazione di Next Generation Eu”. Polonia e Ungheria sembrano soddisfatte. La presidenza tedesca dal canto suo ha assicurato alle altre 24 capitali che la soluzione non prevede in alcun modo la riapertura di quanto già negoziato, ma è solo un modo per rassicurare i due contrari che la condizionalità sarà a tutela del bilancio comunitario e non si applicherà a negligenze generiche sul rispetto dello stato di diritto, perché per quelle c’è già la procedura articolo 7, tra l’altro già scattata per i Paesi di Visegrad. Il compromesso è comunque soggetto all’approvazione del Parlamento europeo, che non intende accettare retromarce sullo stato di diritto.

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