Ad appena tre giorni dal prossimo Consiglio europeo nel quale i leader dei 27 Paesi membri cercheranno di trovare un accordo per arrivare a un voto unanime sul programma di aiuti europei per il contrasto alla pandemia di coronavirus, Next Generation Eu, continua il muro contro muro tra Polonia e Ungheria e gli altri Stati. Dopo aver minacciato l’avvio dei lavori per creare un Recovery a 25 Stati, la presidenza di turno tedesca lancia un ultimatum a Polonia e Ungheria che continuano sulla strada del veto nel tentativo di cancellare la clausola sullo Stato di diritto legata all’erogazione dei fondi.

Berlino ha sollecitato Budapest e Varsavia a indicare, entro mercoledì, verso quale direzione intendano muoversi. Se la linea dovesse rimanere quella dell’impasse, la strategia europea si orienterebbe sul Piano B, ossia la cooperazione rafforzata a 25 che permetterebbe, seppur con diverse difficoltà tecniche, ai Paesi europei di procedere con l’erogazione di fondi agli Stati più colpiti dal virus escludendo Polonia e Ungheria. Una strategia che, inoltre, comporterebbe anche il passaggio all’esercizio provvisorio di bilancio, essendo il Recovery collegato proprio al nuovo Quadro finanziario pluriennale 2021-27, che penalizzerebbe per primi i governi di Viktor Orban e Mateusz Morawiecki, visto che i tagli che ne seguirebbero andrebbero a colpire quei Paesi che più di tutti beneficiano dei fondi agricoli e regionali europei come l’Ungheria e la Polonia.

Fonti diplomatiche europee spiegano però che l’intento della maggioranza degli Stati non è quello di arrivare a questa soluzione, bensì a spingere i due governi contrari all’attuale formula del Next Generation Eu ad abbandonare la strategia della fermezza e sedersi a un tavolo per trovare un accordo definitivo.

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