Sulle spiagge, nei parchi, sui campetti improvvisati con qualche pietra e un Super Santos dove il nero è il grasso delle marmitte, le righe tradizionali sono belle e che andate: tanti bimbi in maglietta rossonera del Milan, sulle spalle il numero 13 e quattro lettere: “Ibou”, perché le due di Ba sarebbero troppo poche. È l’estate del 1997, in panchina è tornato Fabio Capello fresco di titolo a Madrid dopo la brutta annata di Óscar Tabarez e Arrigo Sacchi. Silvio Berlusconi, al solito, non ha risparmiato sugli acquisti comprando Christian Ziege dal Bayern Monaco, Leonardo dal Psg, Patrick Kluivert dall’Ajax e Ibrahim Ba, per 12 miliardi di lire, dal Bordeaux.

È un bel tipo Ba, figlio d’arte di Ibrahima, da cui ha ereditato anche il soprannome Ibou, capelli tinti di biondo platino, un sorriso sempre pronto e una stagione coi Girondins da incorniciare che l’aveva portato anche a vestire la maglia della Nazionale. Tutto ciò gli vale l’interesse delle big italiane: lo vuole la Juventus, la spunta il Milan. “Mi ispiro a Rodman”, dice appena arrivato, solo che Rodman gioca a basket, mentre Berlusconi lo paragona a un vino francese frizzante, un Beaujolais Nouveau, quando lo vede dribblare fila di avversari nel precampionato. Quel dribbling, quel sorriso e quella capigliatura colpiscono un po’ tutti: le sue magliette diventano quasi d’ordinanza per i bimbi milanisti in quell’estate.

Le buone impressioni vengono confermate nella seconda di campionato quando il francese dialogando in maniera splendida con George Weah trova il gol contro la Lazio. Il primo di una lunga serie in rossonero, pensano tanti. Invece sarà l’unico. È un brutto Milan quello di Capello, che non funziona nonostante i numerosi campioni: Ba è uno dei pochi a salvarsi, ma finisce nel naufragio generale, perde la Nazionale e subisce pure qualche mortificazione, come la sostituzione dopo 15 minuti dal suo ingresso in campo nella finale di Coppa Italia contro la Lazio. Nella seconda stagione sulla panchina del Milan arriva Alberto Zaccheroni: il francese parte titolare ma è troppo attaccante per fare l’ala con Zac e troppo evanescente per giocare in attacco e perde il posto. Non lo ritroverà più se non per pochi spezzoni, ma in quella stagione il Milan risulterà campione d’Italia: dettaglio, quest’ultimo, da non sottovalutare.

Ibou comprende che per rilanciarsi deve andare altrove: pur di giocare va a Perugia da Carlo Mazzone, inizialmente non ingrana e l’unica cosa per cui si fa notare è il diventare l’apripista della prova tv. Contro il Cagliari rifila una testata a Fabio Macellari ma Pierluigi Collina non lo vede e dunque non lo sanziona: il giudice, però, utilizza le immagini televisive e lo squalifica per 4 giornate. Chiede scusa, rientra e fa benino, ma un grave infortunio gli fa saltare il resto della stagione, così torna al Milan dove però ha tutte le porte chiuse. Viene girato ancora in prestito, stavolta in patria all’Olympique Marsiglia, ma neanche qui gioca granché e a febbraio rientra a Milanello dove incontra Carlo Ancelotti per la prima volta.

Il mister, si sa, è un compagnone: Ba non rientra nei suoi schemi, ma è uno giusto, un allegrone che si sa far voler bene e decide di tenerlo. Giocherà due volte da gennaio, quando Ancelotti prende il posto di Fatih Terim, e tre nella stagione successiva dove il Milan vince la Coppa Italia e soprattutto la Champions League a Manchester contro la Juventus. E a Manchester Ba c’è. Tuttavia Ibou è un giocatore e vuole giocare. Così finito il contratto coi rossoneri decide di ripartire dalla Premier League, al Bolton, ma non è la scelta giusta, ci riprova in Turchia, poi in Svezia al Djurgarden, poi fallisce un provino per il Derby County e si ritrova in difficoltà.

Il Milan dell’epoca però è un posto dove degli amici non ci si dimentica, vedi anche il caso Esajas, e nel 2007 lo fa allenare con la squadra, lo manda al Varese per permettere a Ba, ormai fermo da tempo, di rimettersi in forma, e poi lo tessera. Perché? “Perché mi è simpatico”, come spiegherà Ancelotti quando gli chiederanno conto di una convocazione del francese, e poi perché c’è da giocare la Supercoppa Europea col Siviglia e soprattutto l’Intercontinentale col Boca Juniors. E il Milan, senza che Ibou scenda mai in campo, le vince entrambe. Ah, quest’anno Ba, che ieri ha compiuto 47 anni, è tornato ancora al Milan. Ad agosto scorso ha annunciato che lavorerà come scout di mercato per i rossoneri, che oggi sono primi in classifica. Coincidenze?

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