La seconda ondata di coronavirus ha un inizio preciso: i primi giorni di ottobre. È da quel momento che la curva dei contagi ha conosciuto un’impennata in tutta Europa che ha portato presto la maggior parte dei Paesi ad affrontare una nuova emergenza sanitaria. Ne è convinto l’epidemiologo Martin Blachier, fondatore di Public Health Expertise, che ipotizza l’arrivo del freddo come possibile causa dell’intensificarsi dei contagi: “Il virus è improvvisamente esploso, non capiamo come sia potuto succedere – dice in un’intervista a Repubblica – La nostra ipotesi è che l’arrivo del freddo sia un fattore decisivo nell’impennata dei contagi”.

Tornando indietro di poche settimane, si nota in effetti che agli inizi di ottobre una grande perturbazione, con piogge, temporali e allagamenti, si è abbattuta su gran parte dell’Italia, provocando un drastico calo delle temperature. È in queste condizioni, sostiene l’esperto, che il virus ha di nuovo trovato terreno fertile per diffondersi. “A partire dal 4 ottobre – spiega – notiamo un balzo del virus anche nelle zone dove la curva stava scendendo grazie alle restrizioni. I contagi si moltiplicano per 5 rispetto a due settimane prima. Osserviamo lo stesso fenomeno negli altri Paesi Ue”.

Blachier sostiene che questa inversione di tendenza sia avvenuta di pari passo con il calo delle temperature. Aspetto che ha fatto ipotizzare agli esperti che esista un collegamento tra il ritorno del virus e l’arrivo delle stagioni più fredde. “La curva epidemica sale in modo contrario e simmetrico rispetto a quella dell’abbassamento delle temperature – continua – Tra il 29 settembre e il 1 ottobre c’è stata una forte perturbazione, con pioggia e freddo, e dopo pochi giorni abbiamo visto l’impennata dei contagi”. Così il suo team ha tratto una conclusione che l’epidemiologo presenta come certa: “C’è stato un dibattito scientifico sul fatto che fosse o meno un virus stagionale, ora non ci sono più dubbi”.

Gli elementi che puntavano in questa direzione, sostiene l’esperto, c’erano già, anche se non erano sufficienti per trarre conclusioni: “Avevamo già avuto segnali che il virus fosse più forte negli ambienti freddi – spiega – Ricordiamoci il caso dei mattatoi. In autunno la vita sociale si trasferisce in ambienti chiusi. Inoltre, il sistema immunitario si indebolisce. Ci aspetta un inverno durissimo. Oggi senza un lockdown totale avremmo una curva che continua a salire fino a febbraio, con più morti della prima ondata, anche se la mortalità è diminuita”.

L’unica soluzione praticabile per arginare una diffusione così massiccia, conclude poi l’epidemiologo, è quella di una nuova serrata generale: “È un’illusione pensare di controllare l’epidemia con restrizioni come la chiusura di bar e ristoranti o il coprifuoco. L’unica scelta è come fare il lockdown, su chi concentrare gli sforzi. Dovremmo avere il coraggio di prendere decisioni difficili, mettere in una bolla le persone dai 60 agli 80 anni. Ma pochi governi vogliono farlo, è un suicidio politico“. Unico luogo intoccabile, conclude, sono le scuole: “Penso che non abbiano un impatto significativo sull’epidemia”.

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