di Andrea Taffi

Provate a immaginare una partita di calcio nella quale l’arbitro non ne azzecca una. Dal pubblico parte il più classico degli insulti al direttore di gara: cornuto. Cornuto, non incapace. Magari cornuto come chi lo critica. Provate adesso a immaginare che, in mezzo a quei tifosi, ne spunti uno che dice: “No, non è così; l’arbitro non è cornuto. Sua moglie lo ama e lo rispetta, al contrario di quello che le vostre mogli fanno con voi. Quindi sbagliate a criticarlo, a ostinarvi a dire che sta arbitrando male”. Non è cornuto, dunque è bravo.

Ecco, questa immagine mi è venuta in mente in questi giorni leggendo gli editoriali dei più importanti giornali italiani. Da una parte c’è chi scrive che il Governo, nella gestione post lockdown del coronavirus, ha sbagliato e sta continuando a sbagliare; dall’altra c’è chi replica che non è così, che il Governo non ha colpe, semplicemente perché chi lo critica non ha il diritto di farlo, dato che in passato ha tenuto comportamenti scellerati o ha avallato e giustificato modi di fare criticabili (tanto per usare un eufemismo). Si è perso il senso della ragione e delle cose?

Me lo chiedo perché che la situazione nella gestione della resistenza al Covid-19 non vada per niente bene, anzi sia proprio sfuggita di mano, sono i numeri del contagio a dirlo, nel modo, oggettivo e senza repliche, che solo i numeri sono in grado di fare. Che il Governo potesse (e dovesse) fare di più all’inizio dell’estate, quando tutti noi siano tornati a una vita normale, è, dunque, un dato di fatto, talmente cristallino che anche chi (per pura decenza) farebbe meglio a tacere riesce a riconoscere e a utilizzare a proprio vantaggio (politico, soprattutto).

E tuttavia non è certo contestando il pulpito dal quale vengono certe critiche che si farà perdere a quelle critiche il loro valore, un valore oggettivo, dunque non loro. Con questo voglio dire che se proprio si vuole difendere il Governo, ritenendo che, al netto di certi indifendibili errori, abbia comunque fatto quello che si doveva fare (non fosse altro perché sembra che l’economia sia più importante della salute), lo si faccia nel merito, non delegittimando i critici incoerenti.

Dico tutto questo perché adesso (secondo me) non ha alcun senso interrogarsi sul fatto se il Governo abbia agito bene o male, sforzandosi di dare una risposta positiva o negativa che sia a quell’interrogativo. E non solo perché, come dicevo prima, sono i fatti che parlano, ma perché il comune senso di responsabilità dovrebbe indirizzarci (ognuno per la sua parte) a combattere il virus. Un virus che si combatte non solo indossando la mascherina, lavandosi bene le mani e stando a casa il più possibile, ma anche evitando di scrivere (e di dire) cose che, pur data l’autorevolezza di chi le scrive e dice, sono inutili nell’economia della guerra di tutti noi contro il virus.

Inutili e (mi sia permesso di dirlo) forse anche dannose, perché (secondo me) quando si ha a che fare con un’epidemia, per di più di ritorno, buttare tutto in politica è un errore, un errore che fa perdere una cose che, in questi casi, non ci si può permettere di perdere: tempo.

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