Segna, tanto. Subisce, troppo. Spreca e sbaglia ancora. L’Inter non batte il piccolo Borussia Monchengladbach. Era la gara sulla carta più facile del girone, in casa, contro la quarta forza del gruppo. La squadra di Conte l’ha toppata. Come l’anno scorso contro lo Slavia Praga. Come due anni fa contro il Psv Eindhoven. A San Siro finisce 2-2, per i soliti errori difensivi e grazie al solito Lukaku, che con una doppietta almeno pareggia una partita che sembrava persa a un certo punto. Ai tifosi nerazzurri non resta che sperare che non sia fatale per la qualificazione. E’ ancora presto, ma la contemporanea (e ancor più clamorosa) sconfitta in casa del Real Madrid contro lo Shakhtar Donetsk complica ulteriormente i piani di questa Champions League, iniziata col piede sbagliato.

Che non fosse una gran serata del resto lo si era già capito nel prepartita, con la notizia della positività al Covid di Hakimi. Assenza pesante. Senza il marocchino e con Darmian a destra l’Inter perde un attaccante e guadagna un terzino. Davanti la differenza si vede, la manovra è meno spumeggiante. In compenso dovrebbe esserci un filo più di equilibrio, con cui permettersi il trequartista, cioè Eriksen, che trotterella in mezzo, qualcosa fa finché rimane in campo ma non abbastanza per levarsi di dosso l’etichetta di oggetto misterioso. Non può essere solo per Darmian, però, se la prima mezz’ora dell’Inter è di una noia mortale, almeno a confronto delle ultime uscite frizzanti (pure troppo, per certi versi). A parte qualche guizzo di Sanchez, preferito a Lautaro, si vede poco. Due mezzi tiri di Eriksen, promettenti ma respinti dai difensori, non è nemmeno un’occasione. La prima, vera, manco a dirlo, è di Lukaku, che fa a sportellate tutto il tempo, appena vede la porta la sfiora con il destro.

Il Borussia, per conto suo, non fa nulla. Ma proprio nulla. Copre gli spazi con ordine, prova a scambiare con i suoi talenti, che non sono pochi e nemmeno male: Plea, Embolo, Marcus Thuram, figlio del grande Lilian. Ma ai tedeschi, sulla carta quarta forza del girone, anche il nulla andrebbe bene. Serve qualcosa per cambiare il match. Si chiama Lautaro. Al rientro dagli spogliatoi Conte si ripresenta direttamente con l’argentino, al posto di Sanchez che non aveva demeritato. Ma con la coppia Lukaku-Martinez davanti è un’altra cosa e si vede subito. Con più peso offensivo, forse anche un’altra convinzione, l’Inter ci mette una manciata di minuti a sbloccare il punteggio: segna Lukaku, come sempre, al termine di un’azione insistita in cui il merito più grande ce l’ha il solito D’ambrosio, bravo a rimettere in mezzo una palla che sembrava morta. Fatto questo sembra fatto tutto, invece il ‘Gladbach prima sbanda vistosamente, poi reagisce. Ancora una volta però l’Inter paga soprattutto i suoi errori. Stavolta quelli di Vidal, che tradirà due volte il suo maestro Conte. Prima aggancia ingenuamente in piena area Thuram. L’arbitro Kuipers non fischia, ma il contatto è talmente evidente che è costretto a fermarsi dopo pochi secondi e decretare al Var il rigore. Dal dischetto non sbaglia Bensebaini.

Sull’1-1 il finale è la solita passione dell’Inter di quest’inizio stagione. Tanta pressione, poche distanze, emozioni senza senso. A differenze delle altre volte Conte non ha nemmeno i cambi, viste le tante assenze tra Covid e infortuni. Entrano Brozovic e pure Bastoni, appena negativizzato, ma non sono le alternative che cambiano una partita. Dal nulla Lautaro colpisce al volo un palo clamoroso, ma per l’ennesima volta non è serata. Soprattutto per Vidal: sull’ennesima fase di transizione si dimentica completamente l’uomo alle spalle, Hofmann, che si invola da solo davanti a Handanovic e lo batte. L’Inter protesta per un secondo tocco che pare mettere in fuorigioco l’attaccante tedesco, ma il Var convalida lo stesso. Sembra finita al 90’, con l’Inter non lo è mai: al calcio d’angolo successivo ancora Lukaku trova il 2-2. Nei sei minuti di recupero provano addirittura a vincerla: l’ultimissima occasione è per il mancino di Kolarov, solo sull’esterno della rete. Ancora più rimpianti che altro. Per l’Inter di Conte sta diventando una cattiva abitudine.

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