La scuola chiusa è una sconfitta, un insulto al diritto all’istruzione sopportabile solo in casi davvero eccezionali: se diviene la prima risposta della politica alla crisi è un errore soprattutto in un Paese che già fatica, dati alla mano, a tenere il passo con l’Europa in tema d’istruzione.

La didattica a distanza non funziona, riproporla significa non aver imparato niente dalle esperienze passate: computer vecchi, linee che cadono, schermi che s’oscurano, fasce di popolazione senza mezzi e tecnologia e talvolta senza nemmeno una stanza dove studiare. A tutto questo non ha pensato il Governatore della Campania Vincenzo De Luca quando ha sospeso fino al 30 ottobre le lezioni in presenza nelle scuole primarie e secondarie.

Era necessario? I dati forniti dalla ministra Azzolina dicono di no: “In Campania lo 0,75% degli studenti è risultato positivo, la media nazionale è 0,80”. De Luca fornisce altri dati. Siamo al balletto delle cifre, all’ermeneutica infinita della curve epidemiologiche a uso politico. Non va bene. Anche perché a pagare sono soprattutto le fasce deboli della società.

E’ ormai acclarato che la povertà linguistica acuisce le disuguaglianze e il gap può essere attenuato solo da istruzione e scuola. E’ la vecchia questione evidenziata nel 1967 da Don Milani: i ricchi comandano perché hanno più parole dei poveri. Chiudere la scuola è anche un’ingiustizia sociale. Ci ha pensato De Luca? Lucia Azzolina è accusata d’incompetenza e insensibilità; sta mostrando invece d’aver colto più di molti intellettuali blasonati il ruolo, la centralità e la funzione della scuola, che non può essere la prima vittima dell’epidemia: chiuderla è un irreparabile danno soprattutto per gli indigenti.

Lorenzo Milani sapeva che il divario tra ragazzi di famiglie benestanti e di famiglie disagiate è grande e ha coltivato l’idea di una scuola per tutti – gratuita – come presupposto dell’uguaglianza sociale; era il suo modo di spezzare il classismo che oggi si ripresenta in altre forme. Chiedo: quante opportunità avranno i ragazzi benestanti per compensare gli effetti negativi della scuola chiusa, e quanti ne avranno i giovani disagiati che già con la didattica in presenza arrancano? E’ questa la domanda inevasa dal governatore De Luca; ignorarla è – spiace che Zingaretti l’abbia difeso – non vedere “la discriminazione di classe” all’epoca del coronavirus.

I ragazzi è necessario guardarli negli occhi – diceva il priore di Barbiana – occupiamoci soprattutto di coloro che vanno male: se li perdiamo la scuola diviene “uno strumento di differenziazione irrimediabile”. Frase abusata, certo, ma incredibilmente attuale oggi che De Luca fa proprio questo: si disinteressa, chiudendo gli istituti, degli effetti nefasti sugli studenti in difficoltà economiche, sociali, culturali.

Da sempre nelle classi molti alunni partono svantaggiati rispetto ad altri; ora coronavirus e Dad, per il divario digitale e altre carenze, non fanno che rafforzare questo gap. Il governo centrale intervenga al più presto: deprivare i ragazzi deboli della scuola è segnarne il destino come faceva la docente di Lettera a una professoressa: bocciava, ma “gli analfabeti che aveva a prima media – scrive Don Milani – sono ancora analfabeti. Se li è solo levati davanti agli occhi”.

Ecco, De Luca s’è levato davanti dagli occhi gli studenti bisognosi d’istruzione. L’ha fatto per un virus che non hanno preso a scuola (col docente pronto a far rispettare le regole), ma probabilmente sui pullman superaffollati che la politica non ha sanificato e controllato nel modo dovuto. Lorenzo Milani diceva che non dovremmo preoccuparci solo di come fare scuola, “ma di come bisogna essere per poter fare scuola”. Non suoni eretico, ma in un certo senso vale anche per la politica ai vari livelli locali e nazionali: quanti verrebbero eletti se i cittadini si chiedessero “come bisogna essere per poter fare politica”?

Purtroppo non se lo chiede nessuno e De Luca, che prima delle elezioni ha fatto il clown e dopo come iniziale mossa anti-Covid ha chiuso le scuole, ha stravinto le elezioni in Campania con quasi il 70% dei voti. La società civile ha anche le sue responsabilità.

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