La nuova crisi in arrivo colpirà, stando a differenti analisi, con maggior violenza i millennials. In vero non è certo un segreto. Questo gruppo demografico (i nati dal 1980-2000) sono, senza voler offendere nessuno, una delle generazioni dell’epoca moderna, tra le più sfortunate.

Sono nati coccolati dai genitori Gen-X negli anni ’90. Hanno visto o assorbito per osmosi tutto il mondo “Yuppies”. Nel 2001 appena 20enni (quelli più vecchi) han percepito la crisi delle dot.com. Nel 2008-10 affacciatesi timidamente al mondo del lavoro… Sbam! Badilata in faccia con il crollo immobiliare Usa e la conseguente crisi che ha colpito tutta l’Europa. Nel 2014-5 quando la crisi si stava attenuando, e i posti di lavoro cominciavano a riapparire (parlo dei posti lavoro pagati con un contratto serio, la Gig economy lasciamola stare per favore!), molti millennials si muovevano per l’Europa.

Oggi 2020 altra tempesta perfetta tutt’ora in divenire: il peggio arriverà tra ottobre e gennaio, se parliamo dell’Italia. Di fatto i nati di questa generazione sono divenuti, in ordine sparso: causa di tutti i mali, dissoluti che spendono ogni euro, senza testa perché non risparmiano, sciagura immobiliare perché non prendono casa, sfruttati perché non sanno trovare un lavoro serio, peso per la società perché vivono ancora coi genitori, sfruttatori perché usano la paghetta estratta dalla pensione dei nonni. Io, in passato, ho cercato di spiegare che sono una generazione che ha molte sfide davanti a se e poche sicurezze. Ho pensato di approfondire, facendo due chiacchiere con un millennials.

Trentasette anni, il più giovane amministratore delegato italiano di una società quotata al Mta di Borsa in Italia. L’azienda di famiglia lasciata da papà è stata tutt’altro che un regalo dato che ha dovuta chiuderla con suo fratello e pagare i debiti con gli immobili di famiglia e da lì in, poi, si è fatto strada da solo. Capire che aria tira nei millennials da fuori è facile, da dentro è più complesso.

“Sicuramente siamo una generazione che sta affrontando molte sfide che le precedenti generazioni non hanno visto. Penso alla genX o ai boomers: mi piace pensare che ci stiamo costruendo quegli anticorpi che ci permettono di sopravvivere a scenari violenti, come quelle delle due crisi”, mi spiega Marco Belloni, Ceo di Giglio Group Spa. Con la premessa che non c’è una “ricetta” per il successo due o tre buoni esempi da Marco li ho estratti.

Prima di tutto prepararsi e studiare. Marco spiega che studiare non si riferisce al semplice corso di studi. Essere curiosi, continuare a leggere, aggiornarsi tramite, articoli, newsletter, blog di settore (il settore che ci interessa ovvio) leggere libri (quella cosa di carta spessa che, in Italia, si compra su Amazon per fare la cifra e non pagare il costo di spedizione). “Mediamente studio almeno 1-2 ore al giorno. Non è facile con il lavoro e la famiglia ma me lo impongo soprattutto alla mattina presto, come consigliato da un amico”.

Secondo passo sapersi promuovere in modo affidabile. E’ un concetto più complesso del personal branding: far sapere al mondo che si esiste privilegiando la qualità di un contenuto scritto oppure detto di persona, rispetto alla quantità. “Essere influencer è un lavoro, essere credibile è un dovere professionale”. Soprattutto se parliamo del mondo business.

La credibilità di un individuo, quanto meno in Italia, passa da 3 principali canali. Mantenimento degli impegni presi perché ormai siamo tutti soggetti pubblici con migliaia di relazioni, pubblicazioni su riviste di settore, esposizioni pubbliche come lezioni in Università, conferenze e convegni. E’ un’attività che richiede tempo e il ritorno di investimento non è immediato.

“Ritengo molto utile partecipare a differenti conferenze, perché mi danno la possibilità di creare un dialogo e di tradurre un argomento nel linguaggio efficace ad imprenditori o aziende. In aggiunta sono docente a contratto al Politecnico di Milano. L’essere preparati è molto importante, ma condividerlo con gli altri e continuare ad alimentare il dialogo è la base per essere proattivi”, conclude Marco.

Ultimo ma non per questo meno importante, soprattutto per i millennials, è fare network. In questo ci aiuta Linkedin: se usato bene permette di contribuire al personal branding ma, in parallelo, di riattivare contatti professionali passati o di crearne di nuovi. In tal senso un ottimo strumento per capire quanto noi siamo connessi alla nostra rete è il Social Selling Index. È gratis e vi permette di comprendere quanto la rete di cui voi fate parte vi vede, valuta e dialoga con voi.

Sicuramente il mondo dei prossimo decennio sarà sfidante per i millennials e la prossima gen Z. Tuttavia ho cercato di dimostrare, nel mio piccolo, che i millennials, se ci si mettono di impegno, non sono quella “generazione perduta” di cui spesso si parla con compassione e perplessità.

@enricoverga

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