Qualche volta bisogna ritornare indietro per stare meglio.
Mi hanno fregato l’iPhone e ho deciso di farne a meno.
Dopo l’incazzatura iniziale e addio vanità da social, sono passati due mesi e sto una meraviglia.
Mi sono ritagliata una mia oasi di quiete: non instagrammo, non chatto, non whatsappo, non zoommo, non messaggerizzo, non tiktokcheggio. Insomma non “mi applico” più.

E se fosse per me, tutta la premiata ditta di gadget smart (sopratutto perchè la maggior parte di essi prodotti in Cina) potrebbe chiudere bottega.
Ho chiuso pure con tramonti, happy drink immortalati in ogni sorso di tequila boom boom, niente più impepatissime di cozze, macedonie di piatti veraci e gourmet da tasso colesterolico solo a guardarli.

Non spio più la vita degli altri e farmi venire un mezzo attacco di bile perché io non c’ero. Ho vinto la dipendenza dal glam-watching.
Mi sottraggo al rito convulso dei wannabe, aspiranti qualcosa, emergenti qualcos’altro. Dico basta a quella sorta di circo felliniano del web, figure alla Botero, lati B e bicipiti oleati da quel senso di narciso che emerge fra i flutti dell’indecenza.
I miei 28mila e rotti followers mi defoloweranno, pazienza. Non sono più affamata di like. Devo piacere a me, non agli altri.
Chiaro? Non mi faccio più rubare tempo da te, iPhone delle mie brame. E sai con cosa ti ho sostituito con un libro, cartaceo ovviamente. In due mesi ne ho letti sette.
Nè sarò una di quelle che si farà mettere un chip in testa -come guru Musk vaneggia- collegato al mio smart phone ( che tanto non ho più) per diventare intelligente come il mio computer, anzi più intelligente.

Comunque tranquilli, lo testerà prima sui maiali. Visto che la loro struttura è simile alla nostra ( grugniti compresi).
Non sono più contagiata dal virus dell’iPhone e me ne faccio un fico secco della banda larga, per me può rimanere striminzita come quando metto una camicia in lavatrice e mi esce due taglie più piccola.

Se ci dovesse essere un altro lockdown (come minaccia De Luca: vi faccio ballare Gerusalema, l’afro/hit dell’estate, sui balconi di casa) non avrò più come compagno l’iPhone… preferisco qualcuno di più animato.
Basta con la cafonaggine di chi non rispetta le regole: li fanno squillare in ogni dove, a teatro, al ristorante (vabbè, adesso con il distanziamento non ti strimpella proprio dentro il timpano).

Quando sono in treno i fatti miei me li tengo per me, non li spiattello a miei vicini.
Non avrò neanche la tentazione di vedere i film sull’iPhone, cosa aberrante. Se è già piccolo lo schermo del televisore figuriamoci quello del cellulare. Sarà felice il professore Giuseppe De Rosa, cinque generazioni di oculisti, che mi diagnosticò un “corpo vitreo mobile”, tra le cause le troppe ore passate davanti al subdolo schermo.

“No iPhone” potrebbe diventare una corrente come quella globale dei No Vax. E’ comunque un esperimento antropologico che consiglio a tutti: l’essere umano si abitua a tutto, ce lo ha insegnato Charles Darwin nella sua evoluzione della specie.
E’ anche un esercizio linguistico: dalla parola togliamo phone e cosa rimane? La I, cioè IO. Con una nuova identità. E non è roba da poco. Ditemi voi se non è una bella conquista.
Andrà tutto bene anche senza di te, I Phone infernale.

pagina Facebook di Januaria Piromallo

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