Dopo un periodo nero, l’auto in Italia rivede la luce. Dopo mesi e mesi in territorio negativo, settembre è stato il primo mese del 2020 in cui il mercato ha ripreso a crescere: le vendite sono infatti aumentate del 9,5%, che corrisponde a un totale di 156.132 immatricolazioni.

Un dato che ovviamente è stato accolto con un sospiro di sollievo da parte di tutti gli operatori del comparto, visto anche il clima di fiducia che pare essere tornato anche nei concessionari. Non bisogna tuttavia scomporsi più di tanto, perché il dato sul cumulato da inizio anno resta assolutamente sfavorevole, con una perdita complessiva del 34,2%. Il che, tradotto, significa che nei piazzali è rimasto invenduto oltre mezzo milione di veicoli: un numero difficilmente recuperabile negli ultimi tre mesi dell’anno, anno che dunque chiuderà molto sotto le 1.916.649 immatricolazioni del 2020.

Tornando al risultato di settembre, secondo il Centro Studi Promotor “Il merito della crescita è degli incentivi previsti dal Decreto Rilancio modificato in sede di conversione in legge. Il risultato di settembre avrebbe potuto essere molto più rilevante se lo stanziamento per gli incentivi non fosse stato rigidamente contingentato in funzione delle emissioni di CO2 al chilometro raggruppate in 4 classi”. Se dunque, oltretutto, fossero state rese disponibili risorse finanziarie maggiori.

Proprio sul tema degli incentivi è intervenuta Unrae (l’unione dei costruttori esteri operanti in Italia), che si è detta preoccupata per il rapido esaurimento delle risorse destinate al cuore del mercato: “sono già finite quelle della fascia 91-110 g/Km e, probabilmente a metà ottobre, termineranno anche quelle a beneficio della fascia 61-90 g/Km”, ha spiegato il presidente Michele Crisci. Che ha anche aggiunto: “Gli incentivi al mercato dell’auto varati dal Governo stanno fornendo quella necessaria boccata di ossigeno per superare una fase estremamente negativa, che purtroppo non è e non sarà di breve durata. Togliere l’ossigeno quando la fase acuta non è terminata, equivale a riaccendere la crisi e così rendere vani gli sforzi economici che lo Stato e le stesse Case automobilistiche hanno fatto per sostenere il mercato, finora con risultati confortanti”.

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