Un provvedimento annunciato in pompa magna, varato e poi ritirato dopo nemmeno una settimana. Gli imprenditori della sanità privata del Lazio sbattono i pugni sul tavolo e la Regione è costretta al passo indietro. I tamponi antigenici rapidi in circa 200 laboratori convenzionati costeranno almeno 22 euro per chi vive a Roma e dintorni, circa il 50% in più rispetto al prezzo “consigliato” di 13,94 euro previsto dal precedente provvedimento. La decisione è stata presa nel corso del pomeriggio di lunedì, dopo che per una settimana – dal 21 al 26 settembre – si era registrato il caos nelle varie strutture. Con alcuni test che sono arrivati a costare anche 60 euro agli ignari avventori.

Il Lazio veniva da un’estate di polemiche in relazione ai test Covid nei laboratori privati. L’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, non ha mai dato il suo consenso alla realizzazione dei tamponi nelle strutture convenzionate, andando incontro al ricorso degli operatori del settore poi respinto dal Consiglio di Stato. L’apertura c’è stata invece sui cosiddetti “tamponi rapidi”, i test antigenici considerati “tecnica di screening” già in uso all’aeroporto di Fiumicino. Il 18 settembre l’Unità di crisi del Lazio ha dato il via libera a una determina che permetteva l’applicazione dei test antigenici a un “valore regionale di riferimento” di 13,94 euro, prezzo “imposto per gli erogatori pubblici” ma solo “indicativo per i privati”. Ma per i laboratori la cifra calmierata è apparsa da subito “troppo bassa”. “Per noi il costo unitario non scende sotto i 15 euro, come possiamo sostenere un prezzo ancora più basso?”, si domanda Jessica Faroni, presidente Aiop Lazio.

Non è un caso che nella prima settimana si siano registrate significative difformità dal prezzo consigliato. È il caso di Caterina, che ci mostra la ricevuta del tampone svolto il 21 settembre, primo giorno di entrata in vigore ufficiale del “prezzo calmierato”, presso il laboratorio Altamedica Artemisia: la fattura e lo scontrino riportano la cifra di 60 euro. “Come me quel giorno, in fila c’erano decine di persone – racconta la ragazza – ho chiesto spiegazioni, ma mi è stato risposto che quello era il prezzo. Ho preferito comunque andare avanti, perché non potevo aspettare il molecolare al drive-in”. Altamedica, la stessa società che ha guidato la “class-action” nel ricorso al Tar contro la presa di posizione di D’Amato, ha poi spiegato che “le regole in quella settimana non erano chiare” e che “infatti dopo pochi giorni abbiamo sospeso i tamponi”.

Così, nella giornata del 28 settembre gli operatori si sono tutti ritrovati nell’ufficio del direttore regionale, Renato Botti, per capire come andare avanti. “È stato siglato un accordo con Anisap, Aiop, Unindustria e Federlazio – si legge in una nota – per l’esecuzione dei test antigenici basati sull’identificazione degli antigeni del virus Sars Cov-2 alle strutture private alla tariffa massima al pubblico di 22 euro, con l’impegno di pubblicarla sul sito Salute Lazio”. Un accordo “importante – continua il comunicato – che consentirà di ampliare l’attività di testing a una tariffa calmierata e nella massima trasparenza”. Non è però chiaro, a questo punto, se il prezzo concordato resterà “consigliato”, oppure sarà imposto. La bozza della nuova delibera ancora non c’è, ma gli operatori appaiono soddisfatti: “Siamo riusciti a ottenere il reperimento dei test a un prezzo inferiore e un prezzo che ci permetterà di ripagare l’acquisto dei macchinari”, spiega ancora Jessica Faroni. Un buon business, visto che il tempo medio di attesa nei drive-in della Capitale è di 3-4 ore e il test rapido è riservato – per ora – soltanto a chi rientra dai Paesi a rischio.

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