Il presunto boss della ‘ndrangheta, Domenico Crea, di Rizziconi, è stato condannato a 23 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso e per estorsione. Al termine del processo, celebrato con il rito abbreviato, il giudice per l’udienza preliminare ha accolto la richiesta di condanna formulata dalla Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. Considerato un elemento di spicco un della ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, Crea è accusato di estorsione ai danni di Nino De Masi, l’imprenditore che da anni vive sotto scorta e che, assistito dall’avvocato Antonio Mazzone, si era costituito parte civile nel processo.

Difeso dagli avvocati Francesco Albanese e Pasquale Loiacono, il boss era accusato di avere costretto De Masi a consegnare alla cosca trattori e macchine per l’agricoltura, ma anche altri attrezzi e materiale vario. Il tutto, stando alla ricostruzione della Procura, senza mai pagare la merce, il cui valore ammontava a oltre 18 mila euro. Per lo stesso reato erano stati condannati anche il padre e il fratello di Domenico Crea, Teodoro e Giuseppe. Nei loro confronti la Corte d’appello di Reggio Calabria, nel giugno del 2019, aveva confermato la condanna rispettivamente di 12 e 8 anni di carcere. Domenico Crea non era stato processato insieme ai due parenti perché è stato latitante fino al 2 agosto del 2019, giorno in cui è stato arrestato dalla polizia a Santa Domenica di Ricadi (Vibo Valentia).

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