Il rischio che la crisi possa diventare un “moltiplicatore delle diseguaglianze” amplificando “fratture e differenze sociali”, anche tra Nord e Sud del Paese. E una forte preoccupazione per il “cancro della burocrazia” e la “malavita mafiosa”. I vescovi guardano agli scenari generati dalla pandemia e alle conseguenze sanitarie e sociali e al termine del Consiglio Cei fanno notare che “accanto ai segni positivi, non sono mancati i motivi di preoccupazione”.

Ad iniziare proprio “dal profilarsi del rischio di una crisi che può diventare un moltiplicatore delle diseguaglianze, esacerbando fratture e differenze sociali preesistenti, anche in termini di divario tra Settentrione e Meridione”. Quindi le “parole forti” sia “contro il cancro della burocrazia – che troppe volte frena pesantemente progetti e attività imprenditoriali – sia nei confronti della malavita mafiosa, che prospera anche nel Nord del Paese”.

Da qui la richiesta di rafforzare – “anche attraverso un utilizzo intelligente dei fondi europei” – le politiche “di attivazione e gli strumenti di inclusione socio-lavorativa, anche con interventi puntuali di riqualificazione professionale e di formazione continua”. Dal canto suo, la Chiesa italiana, scrivono, “intende operare per una Caritas concreta, a-politica e della gratuità’, che sappia esprimere la vicinanza e la solidarietà che nascono dal Vangelo e al Vangelo conducono”.

“Responsabilità e prossimità”: è su questo binario che la Chiesa ha affrontato – specie attraverso la rete delle 218 Caritas diocesane, con la regia di Caritas Italiana – le conseguenze sanitarie e sociali generate dalla pandemia. “Con gratitudine” i vescovi hanno dato voce “alle tante iniziative di accoglienza e di servizio con cui si è cercato di rispondere al disagio”.

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