Di cognome non fa Suarez, non è un cittadino di Serie A. José Garay, equadoregno, è soltanto un tornitore a Pordenone. Da otto mesi aspetta di poter fare l’esame B1 per conseguire la cittadinanza. Lo stesso esame apparecchiato di corsa per il campione da 10 milioni a stagione Luis Suarez; con tanto di sessione “ad personam” ed esame “su misura”, per i quali indagano ora la Procura di Perugia e la Figc.

“L’ho visto al telegiornale, sono rimasto malissimo”, racconta José che, come tanti altri stranieri del distretto produttivo veneto, anela dal 2018 a quell’attestato, da quando il decreto Sicurezza di Salvini (4 ottobre 2018) ha introdotto il requisito della conoscenza della lingua italiana. Che per loro non è roba da avvocati e procuratori sportivi ma fatica vera, è sacrificio. Per ottenerlo lui ha studiato alle serali, ha chiesto permessi al lavoro e chiesto molti ai familiari. E ora è comprensibilmente amareggiato.

Nella vicenda Suarez infatti c’è un dettaglio che la rende ancora più sgradevole: durante il Covid i corsi abilitanti per il B1, obbligatori per chiedere la cittadinanza, si sono fermati in tutta Italia. Da febbraio a settembre, otto mesi. Chi li stava frequentando, a differenza del giocatore su cui la Juve aveva messo gli occhi, è rimasto così sospeso nel lockdown come gli altri italiani. In ballo però non ci sono ingaggi da capogiro nei club dell’Unione, ma la busta paga, l’affitto, la famiglia.

“Solo qui a Pordenone la mia lista conta un centinaio di persone in attesa”, racconta Beppino Nosella, sindacalista della Confederazione Europea dei sindacati indipendenti cui il diverso trattamento si è materializzato in forma di pratiche accumulate in ufficio, di telefonate incredule, disperate, deluse. “Ho iniziato ad aiutare gli stranieri con la cittadinanza ai tempi della Bossi-Fini. In questi 17 anni ne ho viste di tutti i colori. Ho supportato la regolarizzazione di circa 800 stranieri l’anno con le leggi cambiavano sempre, lasciando persone e famiglie nell’incertezza. La vicenda Suarez dal mio punto di vista ristabilisce le cose: in Italia la legge è uguale per tutti, ma non tutti sono uguali. A un calciatore stendono tappeti rossi, i comuni mortali aspettano anni. Non possiamo raccontare di essere in un paese democratico, poi per un pallone o per il prestigio, creare differenze sociali”.

Come Anadela, dominicana di 35 anni che pur essendo sposata con un italiano e residente da più di due anni, grazie alla legge di Salvini deve dimostrare quel che a Suarez pare risparmiato in tutti i modi: di sapere l’italiano. “Io almeno coniugo i verbi, non parlo neppure all’infinito”, dice con una battuta in italiano fluente che fa il verso a certe intercettazioni. Ma (in teoria) a contare è la carta. Per avere quell’attestato lei, come il fratello, si è iscritta alle serali dell’Istitutuo Comprensivo “Torre” di Pordenone, l’unico in zona abilitato dal ministero. “Mi sono iscritta a fine 2019 ma ho potuto seguire solo sei lezioni perché poi è arrivato il Covid e tutto è stato sospeso”, racconta. “Non è facile perché mi sono dovuta organizzare, studiare su due libri. E alla fine l’esame di quest’anno per me salterà, insieme alla possibilità di avere la cittadinanza. Questo mi fa rabbia, che il calciatore invece possa averla di corsa”.

L’Istituto ha riaperto con le altre scuole. E c’è chi è accorso a far l’esame di Suarez. Diversamente dal pallone d’oro però, nessuno si è precipitato a dargli la buona novella. Hanson Isaac, ghanese ha 46 anni ed è un metalmeccanico gruista. “Sto dove fa freddo”, dice ridendo. E’ in Italia da 15 anni, due anni fa ha richiesto la cittadinanza. “Ho fatto tutto l’iter, poi mi hanno detto che serviva anche il B1. Allora mi sono iscritto ai corsi, ho comprato i libri, ho dovuto aspettar la fine del lockdown per fare gli esami e ora aspetto la risposta”. Se andrà bene farà la domanda a marzo del prossimo anno, “ma i documenti nel frattempo saranno scaduti”. A lui piace Suarez, “specie quando gioca con Messi perché si passano la palla e mi piace così; che se faccio una cosa poi un altro mi aiuta. Ma a noi nessuno ci aiuta e la mia paura è che questo scandalo finirà per rendere le cose più difficile per noi. C’è la Finanza che indaga. Magari finisce per rallentare ancora di più le cose”.

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