Anche gli esorcismi crollano a causa del coronavirus. Il lockdown e le regole di sicurezza, che impongono di mantenere la distanza per arginare i contagi, hanno messo in crisi la pratica per cui la vicinanza e il contatto fisico sono fondamentali.

Il problema, infatti, non è che il diavolo non colpisca più, ma che per le questioni sanitarie ci siano meno richieste e meno possibilità di incontrare chi ha bisogno. “In tutto questo periodo, ho incontrato soltanto 2 o 3 persone”, dice padre Cesare Truqui, erede di padre Amorth.

Quando si può, il diavolo si scaccia tutte le precauzioni richieste e indossando guanti e mascherine. Ma non sempre è possibile, sta all’esorcista capire la gravità del caso. “Non c’è una regola comune, che sarebbe peraltro difficile stabilire – dichiara all’Adnkronos il teologo esorcista don Matteo De Meo – per quanto riguarda i casi più conclamati, anche se non sono così tanti, si cerca di rinviare. In questo periodo più che altro ci sono stati casi legati a problemi spirituali e a situazioni miste: tanti casi legati a psico depressioni”.

In Svizzera, dove opera padre Trunqui, non c’è l’obbligo di mascherina, ma viene rispettato il distanziamento. Però, al momento dell’imposizione delle mani, che è il momento cruciale per scacciare il demonio, la distanza si annulla. “Perciò in questo periodo ci siamo dedicati soprattutto al dialogo con chi sta male. Gli esorcisti in generale sono comunque sempre attenti ai bisogni delle persone, anche offrendo un conforto più che altro psicologico via telefono. Io però credo nel potere dell’esorcismo quindi tutt’al più al telefono si dà una benedizione, ma a tanti chilometri di distanza non si scaccia Satana”.

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