Le sostenitrici di Luca Zaia ‘scendono in campo’ per raccontare il proprio incontro ravvicinato con il Covid-19 dopo le prese di posizione del governatore del Veneto di fronte a coloro che negano l’esistenza del virus o sminuiscono la sua portata, l’emergenza ancora in atto e la necessità di continuare ad essere prudenti e proteggersi, compreso il leader della Lega Matteo Salvini. A mettere in pubblico le proprie esperienze sulla pagina del gruppo Facebook Le tose di Zaia, che conta quasi 140mila iscritte, sono diverse sostenitrici del governatore, nelle ultime settimane sempre più distante dall’ex ministro dell’Interno sul tema del coronavirus.

La discussione si è accesa, riporta il Gazzettino, dopo la pubblicazione di un post di una 42enne padovana, Elisa, contagiata all’ospedale di Rovigo, mentre assisteva il papà. Una storia, la sua, raccontata a testimonianza del fatto che il Covid-19 non è affatto un’invenzione, concetto già ribadito da Zaia, convinto che senza lockdown in Veneto “ci sarebbero stati 2 milioni di persone infettate”. Mille i like raccolti dal post di Elisa, che ha ricevuto anche 364 commenti. Perché altre donne, come lei, hanno condiviso le loro storie: qualcuna si è ammalata, altre hanno perso persone care. In molti le hanno dato ragione, sostenendo la linea di Zaia, ben diversa da quella del leader nazionale del Carroccio.

“Quella bestia l’ho vista in faccia” – Elisa è finita all’ospedale di Schiavonia dopo essersi contagiata mentre assisteva il padre. Il post è scritto per tutti quelli che continuano a dire “mascherina non serve, ci manipolano tutti, è solo un’influenza, è tutto un complotto, guadagnano con il vaccino”. E racconta: “Io l’ho avuto. La mia quarantena è iniziata la sera del 25 marzo, quando ho saputo che nel reparto dove era ricoverato mio padre c’era un positivo”. Elisa ha iniziato a stare molto male il 30. Il 3 aprile l’esito del tampone: positivo. Il giorno dopo “annaspavo in cerca d’aria in preda alla nausea – scrive – neanche in grado si fare due passi, passavo dai brividi che mi scuotevano il corpo con quattro coperte addosso a sudori, come stessi cuocendo a 50 gradi”. Per quattro giorni ha dormito quasi tutto il giorno senza neppure rendersene conto. “Il 15 aprile coltellate atroci alla schiena” e di nuovo si è ritrovata “ad annaspare in cerca di aria”. Il 17 aprile la diagnosi di polmonite “con aree multiple di addensamento parenchimale a vetro smerigliato, con distribuzione peribroncovasale presenti in tutti i lobi polmonari estese e numerose”. Poi la terapia a casa fino al 24 aprile, con idrossiclorochina e azitromicina “che mi hanno causato un forte calo della vista, oggi in miglioramento”.

Le consuegenze del Covid-19 – Il 27 aprile è risultata finalmente negativa al secondo e poi al terzo tampone. “L’ho vista in faccia questa brutta bestia – ricorda ora – e mi ha devastato fisicamente e psicologicamente. Per 35 giorni non ho potuto abbracciare mio figlio né rimanere nella stessa stanza con il terrore di poterlo infettare. Sono stata dichiarata guarita dalla polmonite il 21 maggio, 52 giorni dopo i primi sintomi, ma le conseguenze le sentirò sulla mia pelle ancora per mesi”. Perché a fine agosto Elisa ha ancora un dolore al petto che nessuno riesce a spiegare “con i fattori della coagulazione che a turno sballano e i polmoni in fiamme se provo a fare qualcosa più di una passeggiata”.

Le altre storie – Ma quella di Elisa non è l’unica storia. Nel gruppo anche un’altra sostenitrice di Zaia, asmatica, è stata contagiata. “L’ho vissuta come un’influenza non sapendo subito di essere positiva al tampone, poi ho avuto tre giorni d’inferno. Non riuscivo più a camminare. Ora sto molto meglio”. La paura, ora, è di rivivere quei giorni: “Userò sempre mascherina e disinfettante a portata di mano”. E poi c’è chi ha perso i propri cari. Come Irene: “Molti non capiscono, pensano solo alla mascherina che dà fastidio”. Irene per il Covid ha perso lo zio, che non era anziano e non soffriva di alcuna malattia pregressa. “Credo che non ci sia niente di peggio – commenta – che vedere una persona che esce per andare a lavoro e, senza più nessun contatto né visivo né telefonico, vedersi portare dopo tre mesi la scatolina con le ceneri”. Mikie, invece, è rimasta vedova nel giro di sette giorni: “Lunedì c’era e stava bene, martedì mi ha chiamato il medico e mi ha detto di prepararmi che la situazione era peggiorata”. Il Covid-19 l’ha visto in faccia anche Giuliana, che si rivolge ai negazionisti: “Comincino a capire che il virus c’è e dobbiamo comportarci con tutte le precauzioni per la salute di tutti”. La discussione si accende, come in seno al Carroccio. Ma le “tose di Zaia” sembrano aver già capito da che parte stare.

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