Nonostante la repressione, gli arresti e le denunce di torture in carcere di chi è stato liberato dopo ore dietro le sbarre dei penitenziari del Paese, i bielorussi tornano in piazza nel sesto giorno di proteste dopo la contestata rielezione del presidente Aleksandr Lukashenko. In migliaia stanno scendendo in queste ore per le strade di Minsk diretti alla stazione della metropolitana Pushkinskaya. E il Capo dello Stato, dopo un colloquio con il presidente russo, Vladimir Putin, che lo ha sostenuto, denuncia “ingerenze esterne” dietro alle proteste diffuse nel Paese. E lancia un avvertimento ai manifestanti: “Non giocate col fuoco”.

“L’aggressione contro di noi sta montando. Dobbiamo contattare Putin così io posso parlarci”, ha detto in mattinata Lukashenko in un incontro con funzionari del governo. E così e stato, con “i presidenti che hanno discusso della situazione dentro e fuori la Bielorussia”, ha poi rivelato l’agenzia di stampa Belta. Ci sono “elementi di ingerenze esterne”, ha poi detto sostenendo che esiste il rischio che le proteste arrivino nella vicina Russia. Lukashenko ha poi messo in dubbio le reali intenzioni di chi scende in piazza e ha fatto riferimento ai “manuali delle rivoluzioni colorate”: “Sono già emersi – ha detto – elementi di interferenze esterne”.

E proprio ai manifestanti lancia il suo avvertimento: “Non ne verrà fuori nulla. Non rinunceremo mai a questo Paese. Non giocate col fuoco. I nostri militari sono in grado di proteggersi e di proteggere le proprie famiglie e di garantire la sicurezza del nostro Paese”.

Lukashenko ha poi respinto le offerte di mediazione giunte in questi giorni da alcuni Paesi esteri nell’intento di risolvere la grave crisi: “Non cederemo il Paese a nessuno”, ha detto in una riunione al ministero della Difesa secondo l’agenzia di Stato Belta. “Non abbiamo bisogno di alcun governo straniero, né di intermediari”, ha aggiunto. Proposte di mediazione nella crisi bielorussa sono state avanzate, in particolare, dalla Polonia e da due repubbliche baltiche: Lettonia e Lituania. Il piano proposto prevedeva la creazione di un “consiglio nazionale” per risolvere la crisi politica in corso. “Senza voler offendere i leader di queste Repubbliche – ha detto Lukashenko – vorrei dire loro di pensare ai propri affari”.

Il Cremlino si è detto “fiducioso” che in Bielorussia si trovi una “rapida” soluzione alla crisi, ha detto Putin nel colloquio telefonico: “Le due parti hanno espresso la loro fiducia in una risoluzione rapida dei problemi in atto” in Bielorussia, ha indicato la presidenza russa. Lukashenko ha aggiunto che Putin gli ha assicurato “aiuto” per preservare la sicurezza nazionale: “Siamo giunti a un accordo con lui. Come da noi richiesto ci sarà fornita piena assistenza per garantire la sicurezza della Bielorussia”.

Intanto, dopo la decisione dell’Unione europea di imporre sanzioni nei confronti dei responsabili delle violenze contro i manifestanti e dei presunti brogli elettorali, Estonia, Lettonia e Lituania, tra i Paesi che più di tutti hanno fatto pressione su Bruxelles perché venissero presi dei provvedimenti, chiedono per la Bielorussia nuove elezioni “libere e giuste”. In una dichiarazione congiunta, i premier Juri Ratas, Krisjanis Karins e Saulius Skvernelis “invitano la Bielorussia a condurre elezioni presidenziali libere e giuste in modo trasparente con la partecipazione di osservatori internazionali“. “È anche importante – hanno aggiunto – che l’Unione europea trovi modi e mezzi per dare più sostegno alla società civile della Bielorussia poiché la popolazione merita una società libera e aperta” e non deve pagare per “le azioni della leadership”.

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