Calcio

La Serie A fa il record di debiti: 4 miliardi nel 2018/19. Il pallone si regge sui soliti diritti tv e sul “trucchetto” delle plusvalenze

Il Report Calcio 2020 certifica che il nostro calcio non funziona: toccata la cifra record di 4,6 miliardi di debiti dalle società nell’insieme dei tre campionati (A, B e C). Le cause sono i soliti, vecchi vizi: stadi infruttuosi, investimenti sbagliati e stipendi impazziti. Il “carrozzone” continua a reggersi sui diritti tv, che da soli valgono il 40% delle entrate dei club. E poi le valutazioni sempre più alte dei calciatori che permettono di gonfiare i ricavi e aggiustare i bilanci. Un semplice palliativo: l’unica buona notizia è che il fenomeno sembra essersi arrestato (-0,1% rispetto al 2017)

Ve li ricordate i 20 milioni di euro incassati dalla Juventus per Rolando Mandragora, l’acquisto più costoso della storia dell’Udinese? Oppure Davide Bettella e Marco Carraro, ceduti dall’Inter all’Atalanta per oltre 12 milioni, giovani di belle speranze che però ancora non hanno debuttato in Serie A? E ancora Caldara e Bonucci, Nainggolan e Zaniolo, vecchi campioni o giovani sconosciuti: sono solo alcune delle tante plusvalenze con cui piccoli e grandi club hanno realizzato oltre 700 milioni di euro nella stagione 2018/2019. Una stagione in cui la Serie A è riuscita a sfondare il record dei 4 miliardi di debiti. E a tenersi in piedi grazie ai soliti “trucchetti”.

IL REPORT FIGC SVELA LA CRISI: NEL 2018/2019 UN “BUCO” DI 400 MILIONI – I numeri vengono dal Report Calcio 2020, il censimento a 360 gradi che la Figc pubblica ogni anno. Il presidente Gabriele Gravina lo ha presentato in pompa magna per celebrare le virtù del pallone italiano e la sua importanza sociale. Certo, ci sono 32 milioni di tifosi, 1,3 milioni di tesserati, 571mila partite giocate, 65mila squadre, perché il pallone resta il primo sport nazionale, che appassiona gli italiani da Nord a Sud. Quello non cambia. È il sistema però che non funziona. Nella stagione 2018-2019 (il calcio professionistico ha registrato il peggior risultato in termini di perdita degli ultimi 4 anni: un “buco” di 395 milioni di euro (-83,9% rispetto a quella precedente). Finanziariamente è un disastro, che non accenna a migliorare, anzi si aggrava nelle categorie inferiori: in B si sono arrestati anche i ricavi (-11%), in Serie C ci sono stati 107 punti di penalizzazione per irregolarità amministrative. Così si spiega la cifra record di 4,6 miliardi di debiti toccata dalle società nell’insieme dei tre campionati, 4,3 miliardi nella sola Serie A (+11%). Il debito di per sé non rappresenta necessariamente un problema, almeno fino a quando c’è chi lo garantisce, cioè le banche. Ma non a caso il nostro pallone è sempre più in mano agli istituti di credito che agli stessi presidenti: la bolla non potrà continuare a gonfiarsi all’infinito.

LE CAUSE: STADI VECCHI E STIPENDI IMPAZZITI, RESTANO SOLO I DIRITTI TV – Le cause sono i soliti, vecchi vizi di cui ci raccontiamo sempre: stadi vecchi e infruttuosi, investimenti sbagliati, bilanci sbilanciati, stipendi impazziti. Ci si chiede come mai i club continuino ad accumulare debiti: semplice, ogni anno spendono più di quanto incassano. Aumentano i ricavi, ma aumentano sempre di più le spese e i conti non tornano mai. Il “carrozzone” continua a reggersi sui diritti tv, che da soli valgono il 40% delle entrate dei club e infatti non a caso sono l’unica cosa che interessa davvero ai presidenti. Ma col mercato saturo, la smobilitazione di Sky e l’incertezza sul prossimo bando la situazione non potrà che peggiorare. Il resto non aumenta come dovrebbe, i ricavi da stadio sono addirittura in (seppure leggerissima) diminuzione: -0,3%. Mentre continua a salire il costo del lavoro: per pagare, e in certi casi strapagare i calciatori, i club di Serie A spendono in media il 60% del loro fatturato, una percentuale fuori da qualsiasi parametro sostenibile. In Italia soltanto il 30% dei club è in utile, in Inghilterra il 60%, in Germania e Francia il 70%, in Spagna addirittura il 90%. Significa semplicemente che il nostro calcio non funziona, quello degli altri sì.

CONTINUA IL FENOMENO DELLE PLUSVALENZE – La panacea di tutti i mali, in realtà solo un palliativo, i presidenti l’hanno scoperta da qualche anno: non è più una novità, la parolina magica si chiama plusvalenza. Valutazioni sempre più alte permettono di gonfiare i ricavi e aggiustare i bilanci. Il giochino funziona così bene che è diventato un vizio quasi incontrollabile, come certifica il Report Calcio: dopo l’esplosione degli anni precedenti , anche nel 2018/2019 le plusvalenze si sono attestate a quota 753 milioni. Rappresentano ormai il 20% del fatturato dei club. Il problema, però, è che è quasi tutto virtuale. Dietro quelle cifre non ci sono risorse vere: la plusvalenza si segna tutta subito, anche se i soldi arrivano dopo o non arrivano mai (spesso gli scambi di giocatori reciproci sono a flusso zero). In media ogni club ha in pancia 35 milioni che potrebbero non essere veri, cifra che raddoppia per le prime 4 della classifica. L’unica buona notizia è che il fenomeno sembra essersi arrestato (-0,1% rispetto al 2017): i club si sono accorti che più in là di tanto non ci si poteva spingere. Così il carrozzone continua ad andare avanti. Finché non finiscono i soldi, quelli veri.

Twitter: @lVendemiale