Giuseppe Conte, l’attuale primo ministro italiano, è spuntato dal nulla due anni fa e ha cominciato la sua carriera politica partendo proprio dal livello esecutivo più alto, governando persino con due maggioranze politiche diverse. “Nessuno però è profeta in patria”, e benché il leghista (quello che ha causato il cambio di maggioranza dopo un anno) e gli altri alleati facciano ora una opposizione estrema profittando dei problemi correlati alla pandemia da Covid-19, sperando così di provocare un “contro-ribaltone”, quelli che ora sono al governo lavorano bene e vedono arrivare proprio dall’America lodi inaspettate.

Il primo a complimentarsi con Conte è stato nientemeno che il potentissimo faraone a stelle e strisce, che lo scorso anno ha tessuto grandi elogi per “Giuseppi” dopo il loro primo incontro a Washington. Il nome di battesimo (storpiato) di Conte è però solo una involontaria americanizzazione che emerge dal linguaggio parlato inglese. Un complimento vero, e di grande valore, è invece arrivato la scorsa settimana da Paul Krugman, premio Nobel per l’economia nel 2008, e Il Fatto Quotidiano ne aveva già preso nota.

Ma Krugman, che è oggi un apprezzatissimo giornalista del New York Times, non si risparmia negli elogi all’Italia, e nel suo editoriale dal titolo Why can’t Trump’s America be like Italy? (ovvero, Perchè non può l’America di Trump fare come l’Italia?) esalta l’Italia (e Conte, con tutto il suo governo) per la sua capacità di avviare, primo in Europa ma anche di tutto l’Occidente politico ed economico, una seria politica di contenimento dei contagi, e di mantenerla, ora col contributo di tutta l’Europa, anche attraverso sacrifici altissimi richiesti alla popolazione italiana, sia personale che imprenditoriale.

Cosa che Donald Trump palesemente non ha saputo fare, sebbene avesse potenziali molto più grandi, a partire proprio dalla disponibilità di una propria moneta (mentre l’Italia è costretta ad usare una moneta non interamente sua, con gravi ripercussioni sul costo per interessi del debito elevato). Cose che Trump ha potuto ottenere semplicemente chiedendole ai suoi. Ha chiesto liquidità. Gli hanno dato subito “due trilioni di dollari” coi quali avrebbe potuto fare miracoli; invece… serve già un raddoppio! (che probabilmente arriverà poco prima delle elezioni).

Trump sarebbe bravissimo se per comandare bene bastasse impegnarsi molto nel culto dell’egocentrismo. Se n’è accorto lo stesso Krugman, che lo ha anche descritto in un altro magnifico articolo dal titolo The cult of selfishness is killing America (cioè, Il culto dell’egoismo sta uccidendo l’America), che individua direttamente nel contagioso egoismo una delle principali ragioni del miserabile stato in cui si trova attualmente la grande nazione americana.

Krugman mette in evidenza come la strampalata decisione di Trump di ridicolizzare coloro che giravano indossando la mascherina abbia prodotto negli Usa un rapporto di mortalità 15 volte maggiore rispetto ad Europa e Canada. Altro che “America First”! Certe fisime sue hanno portato già a dilapidare gran parte del miracoloso stanziamento fatto lo scorso mese di marzo.

Il governo Trump, sempre appoggiato con perfetta compiacenza dal senatore Mc Connel, leader repubblicano devoto al suo partito e al capo della Casa Bianca (ma solo se è repubblicano), è attento a risparmiare solo quando deve decidere sui contributi da dare ai disoccupati. I due infatti hanno il “chiodo fisso” (vecchio mantra repubblicano) di pagare il meno possibile l’indennità di disoccupazione ai disoccupati (perché si abituerebbero a prender soldi senza lavorare!).

Così “pontificano” di norma, costringendo i disoccupati a tornare al lavoro anche senza rispettare le rigide regole di distanziamento (e spesso anche senza mascherina), con risultati che si possono già ora prevedere. Ma in questo modo ha totalmente ragione Krugman a temere la definitiva fine del “sogno” americano. Con una politica che esalta l’egoismo invece che la solidarietà, aumenteranno le liti, le proteste popolari e la gravità delle crisi. “Quello che questa pandemia (e Trump) hanno rivelato”, dice Krugman, “è il potere sugli americani, del culto per l’egoismo. Un culto che ci sta uccidendo”.

Un culto che è però più contagioso dello stesso Coronavirus (dico io). Anche gli attacchi che subisce quotidianamente Conte dai competitors politici hanno la stessa radice: l’egoismo (ma io ci aggiungerei anche tanta ambizione e un pizzico d’invidia). Il servizio al popolo? E’ fuori discussione (nel senso che non interessa proprio a nessuno).

I continui “ricattini” di Renzi a Conte, le “sciabolate” di Salvini, le “stilettate” della Meloni che quando punta il dito contro Conte nelle dirette dal Parlamento guarda dal basso e sibila come Kaa, il sinuoso serpente perenne perdente del Libro della Jungla. Senza contare le continue schioppettate dei soliti venditori di fumo televisivi che ormai grazie ai “social” te li ritrovi anche nel letto.

Per una volta che abbiamo un leader veramente di valore, ammirato da mezzo mondo: perché in patria è solo, criticato da tutti? Io non lo vedo così criticabile. Forse che sono diventato più americano che italiano? Non credo. E se non fosse per l’immensa quantità di errori che continua a fare il Movimento 5 Stelle, ormai senza guida, con Conte al timone il cammino dell’Italia nelle paludi della politica sarebbe più sereno.

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