Non c’è da stupirsi, conoscendo il tenore degli apprezzamenti che hanno accompagnato Giuseppe Conte da prima che si insediasse a palazzo Chigi; però ora le opposte ma convergenti distorsioni e strumentalizzazioni finalizzate a condizionare, vanificare e/o svilire il risultato finale incassato con il Recovery fund, impensabile solo due mesi fa, meritano qualche riflessione.

Da un canto c’è il profluvio di complimenti, felicitazioni, lodi sperticate da parte degli “impensabili” furbi che vogliono salire sul carro del vincitore da cui saggiamente gli consigliano di prendere le distanze i cittadini e amici di Volturara Appula, anche se il presidente del Consiglio dopo due anni di breve ma intensa esperienza governativa avrà sviluppato le adeguate difese immunitarie.

E d’altronde è nota la coda di quelli che vogliono salire dalle parti di Fi e che stanno valutando come predisporsi al meglio in vista di vagheggiati rimpasti autunnali, che secondo le previsioni di Gianni Letta dovrebbero persino prevedere l’inclusione di qualche esponente forzista al governo magari di area Toti, come i tre storici e titolati berlusconiani approdati da poco al gruppo misto, o della galassia Udc.

Ma come ha dimostrato Matteo Renzi nell’intervento al Senato, dove peraltro i numeri per l’attuale maggioranza sono in bilico, le congratulazioni e i complimenti possono essere insidiosi e ambivalenti anche quando vengono dall’interno.

Infatti il senatore semplice di Rignano leader di Italia Viva, che ha ininterrottamente picconato Conte da quando lo “sostiene” su tutte le partite più incisive e qualificanti – dalla giustizia, schierato fieramente con Forza Italia, al sistema delle concessioni, dove si è allineato agli interessi di Atlantia – non ha perso l’occasione di lodarlo con una promessa vagamente minacciosa: “Lei è stato bravo, gliene diamo atto e saremo sempre più convintamente al suo fianco”.

E contemporaneamente gli ha rinfacciato i recenti trascorsi in cui dominavano in maggioranza posizioni anti-Merkel e anti-Macron allo scopo di esaltare il ruolo franco-tedesco e per intimargli di non montarsi la testa per aver portato a casa i 209 miliardi del Recovery fund, ricordandogli che deve accettare senza se e senza ma il Mes e le sue condizionalità.

Quanto a Silvio Berlusconi, più “responsabile” che mai e corroborato dal patentino di saggezza che gli ha riservato il fu antagonista storico Romano Prodi, ha ribadito in un’intervista al Corriere lo slancio con cui voterebbe subito il Mes e ha bollato come “fantapolitica” non solo l’ipotesi di forzisti al governo, ma anche la possibilità che Forza Italia possa sostenere Conte, destinato a non arrivare al 2023.

Ma per Conte non ci sono solo le lodi insidiose, le critiche a prescindere, i pseudo-riconoscimenti tardivi che nascondono o sottintendono avvertimenti poco rassicuranti per il futuro e recriminazioni per il passato da parte di tutta la politica politicante sopravvissuta alla prima e seconda Repubblica, da Mastella alla Bonino, galvanizzata dal tesoro del Recovery fund.

Puntualissimo è scattato quello che Antonio Padellaro ha definito “il prontuario per opinionisti anti-Giuseppi“, già ben rodato da due anni di indefessa attività, e nella fattispecie attuale finalizzato a “distruggere in poche mosse Giuseppe Conte che ha ottenuto 209 miliardi dall’Europa” e cioè ben 36 in più rispetto alla proposta iniziale della Commisione.

Un bel saggio dell’applicazione puntuale di tale prontuario l’ha data Lucia Annunziata nell’ultimo appuntamento pre-ferie di CartaBianca, ma gli esempi magistrali in proposito sono troppi per essere citati diffusamente, quando ci ha comunicato senza margine di dubbio cheil merito per l’esito della trattativa europea non è di Conte bensì di Berlusconi”; “Se l’Italia ha avuto udienza in Europa è perché Forza Italia e Berlusconi si sono staccati dai sovranisti e hanno sostenuto Conte” con il corollario che l’appoggio di Berlusconi al governo Conte “esiste già, è nei fatti”.

E dunque non è nemmeno il caso di rimanere sconcertati come magari è capitato a qualcuno di noi, ai più ingenui si intende, quando, sempre a proposito di talk, a L’Aria che tira Estate abbiamo visto allineati in una gigantografia i volti di De Gasperi, Moro, Craxi, Berlusconi in quanto “statisti” e il conduttore non senza titubanza ha posto agli ospiti la fatidica domanda se dopo la trattativa europea ci si potesse spingere ad includere anche Giuseppi tra tali “grandi”.

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