Nicola Zingaretti e Virginia Raggi sono accusati dalla procura della Corte dei Conti del Lazio di aver contribuito a cagionare un danno all’erario per complessivi 70 milioni di euro. Insieme a loro altri 24 politici che ricoprono o hanno ricoperto, nei rispettivi mandati, ruoli all’interno dell’ex Provincia di Roma, oggi Città Metropolitana. Un conto che sale a quota 90 milioni se si considerano i circa 20 milioni di euro contestati agli 11 ex componenti del cda di Bnp Paribas. La vicenda è nota e riguarda l’affare legato al palazzo “inagibile” di Luca Parnasi all’Eur Castellaccio, venduto all’ex Provincia nel 2012 per una cifra di circa 220 milioni di euro, quando presidente dell’Ente era proprio l’attuale governatore del Lazio e segretario nazionale del Pd. In Bnp confluirono 20 immobili in parte rimasti invenduti e in parte svalutatisi. Alla prima cittadina capitolina, che è anche sindaca della Città Metropolitana, viene invece contestato di aver rinnovato l’affare “concludendo la procedura per selezionare la nuova Sgr, individuata in Antirion, che il 13.09.2019 è formalmente subentrata alla Bnp nella gestione del Fondo”.

Oltre a Zingaretti e a Raggi, la Guardia di Finanza di Roma ha notificato inviti a dedurre ad altri esponenti in vista delle attuali amministrazioni regionale e capitolina. In particolare, fra gli indagati spiccano da una parte Mauro Alessandri, attuale assessore regionale ai Trasporti; Massimiliano Smeriglio, ex vicepresidente del Lazio e attuale eurodeputato Pd e Marco Vincenzi, capogruppo regionale del Pd; dall’altra Giuliano Pacetti e Paolo Ferrara, attuale ed ex capogruppo M5s in Campidoglio e Maria Teresa Zotta, consigliera capitolina e vicesindaca della Città Metropolitana. Da segnalare anche la presenza, fra gli indagati, di Maurizio Venafro, storico capo di Gabinetto di Nicola Zingaretti (fino al 2015) condannato a 1 anno di reclusione (pena sospesa) nel processo sul Mondo di Mezzo, che secondo chi indaga avrebbe fatto parte del gruppo di lavoro che nel 2012 ha portato a termine l’operazione, “pur in presenza delle perplessità” di uno studio di Cassa Depositi e Prestiti.

Come detto, la torre di Eur Castellaccio era di proprietà di Parnasi, oggi principale imputato nel processo relativo all’inchiesta sullo stadio dell’As Roma. L’acquisto venne effettuato nonostante “l’immobile risultasse inagibile e quindi non fruibile agli scopi cui doveva essere destinato”. Il pagamento dell’edificio fu possibile grazie alla costituzione di un fondo presso Bnp Paribas della durata di 3 anni (scadenza 2015) in cui sono confluiti ben 20 immobili di pregio di proprietà dell’Ente provinciale. A distanza di oltre 7 anni dalla costituzione del Fondo – si legge nell’invito a dedurre – “sono stati dismessi solamente 7 complessi immobiliari, conseguendo dalla vendita euro 169.779.686, a fronte del valore in sede di apporto stimato in euro 193.937.000”; l’introito pertanto “è stato inferiore di euro 24.157.132”. Inoltre “ad eccezione delle due caserme dei Carabinieri, i proventi dalla vendita degli immobili dismessi sono stati nettamente inferiori al valore iniziale di conferimento”, mentre “al 31.12.2019 risultano ancora da dismettere ben 10 immobili” che hanno subito “una forte svalutazione pari ad euro 29.099.000”.

Rispetto all’atto di costituzione in mora inviato a marzo 2019 è diminuito sensibilmente il danno erariale ipotizzato e, soprattutto, sono usciti dall’inchiesta – che contemplava ben 105 persone – l’ex presidente della Provincia, Enrico Gasbarra, e l’ex sindaco della Città Metropolitana, Ignazio Marino.

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