“Le mie labbra vicine alle tue devono attaccarsi, vorrei unirle con la colla, alle tue, cucirle alle tue con un filo; dai, dormiamo così stanotte. Eppure quando ci svegliamo, sono nuovamente separate”.

No, non è una poesia dimenticata chissà dove di Pablo Neruda ma sono versi del fotografo cinese Ren Hang, morto suicida a soli trent’anni.

Se vogliamo far girare il turismo e l’arte – e perché no anche gli ormoni – in quest’estate di vacanze anomale, perché non visitare mostre sorprendenti e piene di spunti anche per ravvivare l’attività sessuale?

A Prato, esattamente al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, sono esposte per la prima volta in Italia 90 opere dell’acclamato fotografo e poeta cinese: una mostra che ho visitato e che consiglio vivamente. Fa riflettere, rimanda al sadomasochismo e al feticismo con una eleganza insolita.

Ren Hang nasce nel 1987 a Chang Chun, la città soprannominata la “Detroit della Cina”. Studia Comunicazione all’Università di Pechino ma non termina il percorso perché inizia a fare fotografie da autodidatta con la sua Minolta. Il primo soggetto è il suo coinquilino e incomincia così una ricerca sulla sessualità, sul rapporto uomo-natura (bellissime le foto tra il fogliame e sui rami), sulle varie identità di genere, sulla libertà in senso ampio, sfidando la morale tradizionale.

Le modelle sono efebiche ma con unghie laccate e labbra rosso vermiglio. A volte abbracciano cigni, pavoni, leccano fiori voluttuosi. Nulla però scivola nel pecoreccio, anzi. Si respirano sensualità, tenerezza, desiderio. L’uso del flash è crudo ma il suo stile è riconoscibile in tutto questo bailamme di immagini erotiche di cui ci bombardano i social.

Tra le opere esposte, ecco le pause con i versi da lui scritti. Potete leggerli in cinese, inglese ed italiano. Commoventi, dolci, struggenti; toccano i temi della vita, della morte, del desiderio. E, a proposito di morte, Ren Hang affetto da grave depressione, si tolse la vita a Pechino nel 2017. In vita pubblicò numerosi libri autoprodotti a bassa tiratura che oggi sono introvabili. Ahimè.

Sto diventando zuccherosa? Può darsi, ma riempirsi gli occhi di arte e fotografia serve ad assorbire energia preziosa. Vi ho fatto anche la rima.

Prossimo tour a Venezia: la Casa dei Tre Oci, dove vidi una mostra di Helmut Newton pazzesca, ha riaperto con “L’invenzione della felicità” di Jacques Henri Lartigue. Stay nude…ehm, tuned.

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Photo credits: Centro Arte Contemporanea Luigi Pecci – Prato
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