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di Gennaro Siciliano

Quando vedo il tifo e la partecipazione assurda verso il mondo del calcio da sempre mi pongo delle domande. Penso, immagino immedesimandomi, quale possa essere l’urgenza del tifoso che lo spinge a produrre tante endorfine in presenza di uomini in brachette, i calciatori (straordinari uomini e atleti effettivamente capaci di forza e agilità notevolissime) che durante i match si rincorrono nel campo da gioco rasato a festa.

E notando tra le altre cose: non sarà mica l’importanza dei glutei e delle cosce dei calciatori ad attirare più o meno consciamente tanto clamore? Poi penso che effettivamente anche in altri contesti anche molto meno seguiti vi è la presenza di uomini prestanti. Anche i ballerini sono effettivamente dotati di fasce muscolari così notevoli anche in quelle zone, non può essere solo questo. Non può girare tutto intorno al culo.

Altrimenti i teatri sarebbero sempre colmi ed anche di questi tempi noi ballerini non saremo costretti a casa, bensì ci verrebbe riservato un trattamento identico ai signori del calcio con un tampone ogni 5 giorni e non avremmo nemmeno un secondo libero di tempo – tante le creazioni da realizzare e lo shopping da automobili Lamborghini da definire, oltre all’immancabile visita settimanale dal parrucchiere-architetto per la realizzazione di rasature avanguardistiche sulle nostre capocchie identiche a quelle dei calciatori.

Potrebbe essere un mestiere super sognato dai tifosi e anzi senz’altro lo è. Essere un calciatore per via della forza fisica e mediatica, della totale assenza di massa grassa a favore di quella magra, della presenza di cospicui bonifici sui conti in banca e delle veline in bikini tutte intorno. Nessuna differenziazione tra i tifosi per identità sessuali e di genere: all’occorrenza le veline diventano velini.

Un aspetto meraviglioso che accomuna però tutti gli sport di gruppo è la forza che deriva dal lavoro di squadra e quindi l’orgoglio dopo tanto lavoro e sacrificio di godere delle vittorie meritate. Ma il tifoso tipo durante le partite è sbracato sul divano con mezza anguria accanto, tre chili di pizza e sei birre, che osserva eccitato il suo maxischermo (per i più esagerati un led da almeno 65 pollici). Non vedo molto sacrificio in questa immagine, pur essendo la mia una descrizione-sintesi di quel luogo comune discriminatorio di cui è vittima il povero tifoso medio.

Ma nonostante queste e altre possibilità, nulla mi toglie dalla testa che il motore di tutto questo enorme mercato in cui girano affari per miliardi di euro siano le cosce tornite di questi 22 uomini prestanti che corrono su un prato e si inseguono tutti sudati, si sbattono (termine quest’ultimo utilizzato per descrivere lo scontro involontario durante il gioco fra due o più calciatori) e talune volte si rotolano fingendo infortuni.

Senza contare i momenti di euforia in cui si prendono in braccio, si sollevano immancabilmente a vicenda avvantaggiati nelle prese (alla Steve La Chance di Amici di Maria De Filippi), dal grip garantito dai loro glutei di grès porcellanato in trionfo davanti ai tifosi sudati anche loro e urlanti. È tutto lì. Ne sono certo. Mi perdonerete ma… Nella vita ci vuole culo. E nessuno mi dica il contrario perché non ci crederò.

Dal diario di un lavoratore dello spettacolo non molto entusiasta in questo periodo, ma che continua come tutti, ironizzando qua e là, a sostenere se stesso e la bellezza dell’arte della danza, del teatro e di quel mondo che mi dicono essere essenziale chiamato cultura.

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