Dunque, bestemmiare si può. Non è così grave. Intendiamoci, se uno studente bestemmia nell’aula di una scuola, si becca un mese di sospensione; se a bestemmiare è un bidello nei corridoi, sta a casa tre mesi senza stipendio; se bestemmia un professore in classe, rischia un anno di sospensione e forse la cattedra. Ci si ricorda di essere severi, a volte. Col concorrente del “Grande fratello”, per esempio, che bestemmiò e fu espulso dal programma. Insomma, a scuola, nei municipi, negli uffici pubblici, in tv, non si bestemmia. Non si può. Al Senato invece sì.

La presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati, seconda carica dello Stato, in piena seduta, bestemmia e non accade nulla. I giornaloni non ne parlano. Immaginate se avesse bestemmiato Di Battista, non in Parlamento, anche solo in una concitata riunione del Movimento: sarebbe successo il finimondo. Due pesi e due misure.

Dunque, Elisabetta può. Ma cos’è la bestemmia? “E’ figlia dell’ira… deriva anche dalla superbia ed è una forma di disprezzo” (Infatti: Casellati rivolta ai commessi: “Siete qui a fare i pupazzi o volete parlare, perdio”). Disprezzo, appunto.

Dante pone i bestemmiatori nel terzo girone dei violenti. Non auguriamo questo a Casellati, per carità, non la vediamo sulle rive dell’Acheronte attendere di essere traghettata: “Bestemmiavano Dio e lor parenti, / l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme…”. Non le vogliamo così male. E tuttavia la bestemmia in Senato disturba, e non solo per il fatto in sé.

Insomma: che tutto passi sotto silenzio; che Casellati non si becchi neanche un rimprovero; che la bestemmia di uno studente sia grave e quella della “presidentessa” no; che le “grandi” firme tacciano codardamente; che l’establishment la copra; tutto questo è una sozzura. Che posto assegnava il Poeta, nella “Commedia”, ai codardi, agli ipocriti, ai lacchè del potere?

Post scriptum. Siccome la malafede non ha mai fine, molti parlano di presunta bestemmia della Casellati e maxibufala del Fatto, che l’ha raccontata: arrivano a sostenere che il vocabolario Treccani non definisce “perdio” una bestemmia. Naturalmente non è così, basta controllare: “perdio ha anche il significato di imprecazione, bestemmia: ogni tanto gli scappa qualche perdio; Bixio schizzò fuoco dagli occhi e schiacciò un gran perdio (G. Bandi); nella stizza, gli scivolan giù i perdii come chicchi di corona infilati (Fucini)”.

Ecco: alla Casellati questo è successo – per dirla con Bandi – “le schizzò fuoco dagli occhi e schiacciò un gran perdio.” Una bestemmia, appunto. Come quella di quanti negano, contro ogni evidenza, la realtà.

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