“Ora che Basentini non è più a capo del Dap, qualcuno dovrebbe farsi delle domande sulla famosa inchiesta Tempa Rossa. Il suo merito, agli occhi della maggioranza di allora, fu proprio quell’inchiesta fuffa. Ci fu un enorme dispiegamento di forze, vennero pubblicate intercettazioni sulla vita privata delle persone, la bravissima ministra Guidi fu costretta a dimettersi. Eppure l’indagine non portò a nulla”. Sono le parole di Matteo Renzi, intervistato da Massimo Giletti a Non è l’Arena, su La7, in merito alla vicenda delle dimissioni del numero uno del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini. Vicenda sulla quale era intervenuto il magistrato Nino Di Matteo, che lo scorso 3 maggio aveva telefonato in diretta per affermare che il ministro Alfonso Bonafede gli aveva promesso la direzione del Dap.

Renzi peraltro dimentica però due cose che nessuno gli ha fatto notare. La prima, la più importante: in quei giorni tutti i giornali e tutte le agenzie riportarono la notizia di un Renzi “furioso” con l’allora ministra dello Sviluppo che lui per primo, dagli Stati Uniti dov’era in viaggio ufficiale da premier, chiese a Federica Guidi di dimettersi. Anzi, alcuni giorni dopo in un’intervista al Tg2 lo rivendicò: “Il ministro Guidi ha fatto un errore. Non c’è niente di illecito ma ha fatto un errore e ne va preso atto. In Italia adesso chi sbaglia va a casa“. La seconda è che proprio quelle che lui definisce “intercettazioni sulla vita privata – delle quali deplora la diffusione – furono in realtà il punto centrale della sua “furia” e della sua richiesta di dimissioni. Lo spiegò lui stesso in una sua newsletter: “Quando l’emendamento (al centro delle indagini, ndr) è stato formalmente presentato, il ministro dello Sviluppo economico lo ha comunicato in anticipo al suo compagno (l’imprenditore Gianluca Gemelli, ndr), che si è scoperto poi essere interessato al business. Così facendo Federica Guidi ha compiuto un errore e giustamente ha deciso subito di dare le dimissioni, per evidenti ragioni di opportunità“. Già all’epoca insomma Renzi negava che ci fosse niente sotto il profilo penale (come poi deciso dai tribunali), infatti fu per motivi di “evidenti ragioni di opportunità” che spinse la ministra Guidi a dare le dimissioni.

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