“Finalmente una conferenza stampa in cui non c’è un uomo solo che parla, ma è aperta a tutta la società veneta” dice il segretario del Pd regionale, Alessandro Bisato. “Sfrutta il Covid per farsi una campagna elettorale infinita all’ora di pranzo, strumentalizza chi ha sofferto, con una metodo che non è deontologicamente corretto” gli fa eco Carlo Casagrande di Rete Civica Veneta. “E’ come il Principe di Machiavelli, per cui il fine giustifica i mezzi, ma attenti, in Veneto ci sono fermenti di destra eversiva e c’è chi agisce contro i diritti delle donne” completa Anna Maria Zanetti di +Europa. L’uomo evocato è ovviamente Luca Zaia, il governatore leghista del Veneto, che tutti i sondaggi danno lanciato verso la terza conferma alla presidenza della Regione. Infatti, continua imperterrito in diretta Facebook, rilanciata anche dalle emittenti private (in prima serata) e dai siti dei giornali locali, a tenere il suo appuntamento quotidiano con la stampa, che dura da più di tre mesi, per fare il punto sul fronte sanitario e sulla ripresa post-pandemia. Un super spot gratuito a cui non rinuncerebbe per nulla al mondo.

Eppure c’è chi ha accettato la sfida impossibile di insidiare la vittoria annunciata di Zaia. Arturo Lorenzoni è un docente universitario, vicesindaco di Padova, un omone dalla faccia buona, dal parlare misurato ed elegante, che mette il ragionamento prima dei giochi verbali, non cerca slogan, ma cita un “progetto comune”, evoca un “Veneto solidale” da valorizzare e costruire, un percorso “innovativo e sociale per andare vicino ai bisogni della gente”, in nome di una politica che “guardi alle persone e non al proprio ombelico”.

Ha presentato i suoi alleati in una sala del Museo di Medicina di Padova. Gli basterà questo metodo da politica buona per arrivare dove non riuscirono, nell’arco di 25 anni, gli esponenti del centrosinistra regolarmente sconfitti? Ovvero l’ex sindaco di Padova Ettore Bentsik, nel ’95, quando cominciò l’era di Giancarlo Galan, seguito dal filosofo Massimo Cacciari (2000) e dall’imprenditore Massimo Carraro (2005), che pure soccombettero al forzista poi finito in carcere. Negli ultimi due quinquenni il segretario degli artigiani di Mestre Giuseppe Bortolussi e l’astro nascente Alessandra Moretti, furono a loro volta annullati da Zaia.

Lorenzoni si è presentato con sette alleati, di cui solo il Pd ha una effettiva sostanza elettorale, anche se fino all’ultimo qualcuno nel partito ha cercato di mettere in discussone la candidatura, volendone una più “identitaria”. Tutti gli altri appartengono ai Verdi, a reti civiche o di sinistra, che tre anni fa nelle votazioni per il sindaco di Padova furono il vero fenomeno elettorale. Ma Lorenzoni non è riuscito a costruire un accordo con il Movimento Cinquestelle: “C’è stata un’interlocuzione pre-Covid, con condivisione delle tematiche, ma poi loro hanno preferito andare da soli, affidandosi alla piattaforma Rousseau” ha spiegato il candidato. Non avrà Italia Viva dei renziani. E neppure il movimento dell’ex ministro Carlo Calenda, uscito dal Pd. Però dice: “Le porte sono aperte a tutti”. Visto lo strapotere di Zaia, non può dire diversamente. Di certo non caricherà sul proprio carro passeggeri con il posto assicurato: “Non farò la lista del Presidente, perchè significherebbe togliere risorse ai percorsi delle componenti”. I seggi in consiglio regionale se li devono conquistare tutti. L’obiettivo della coalizione? “Vincere, semplicemente vincere”.

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