“Per vincere la sfida della povertà serve più il ponte sullo Stretto che il reddito di emergenza”. Parola di Matteo Renzi che nel suo ultimo libro (La mossa del cavallo, in uscita per Marsilio in questi giorni) riapre ufficialmente il dibattito pubblico sulla grande infrastruttura. Dopo mesi di lockdown, il focus politico si discosta finalmente dal Covid-19 per ripartire da un argomento “nuovissimo”: il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria. La citazione di Renzi, con le anticipazioni del libro pubblicate non a caso sulla Gazzetta del Sud, quotidiano di Messina, ha riportato l’inossidabile tema del Ponte al centro della discussione politica. E poco importa se nel frattempo l’opera mai costruita sia già costata alle casse dello Stato la bellezza di 312 milioni di euro. Dario Franceschini, incalzato sul punto dal Corriere della Sera, non è riuscito a smentire. Anzi: è tornato implicitamente a evocare il progetto. “Ora che i soldi ci sono bisogna avere il coraggio di immaginare due grandi scelte. Da un lato l’alta velocità che arriva in Sicilia, fino a Catania e Palermo”. La giornalista del quotidiano di via Solferino ha fiutato l’attimo: “Il suo progetto prevede il Ponte?”. L’esponente del governo non ha negato: “Beh – ha detto – i treni ad alta velocità dovranno pur attraversare lo Stretto. Ma andranno visti costi e benefici di tutte le soluzioni alternative”.

In principio furono i romani – È il rilancio definitivo della questione del Ponte sullo Stretto di Messina. Un dibattito millennario, dato che bisogna risalire addirittura a Lucio Cecilio Metello e agli antichi romani per trovare traccia dei primi tentativi di attraversamento tra le due sponde: ci provarono – senza successo – con delle botti disposte in fila. Era il 250 avanti Cristo, duemila e settanta anni prima l’ultima fatica letteraria di Renzi. La querelle Ponte sì/Ponte no è stata, d’altronde, oggetto di fascino per molti, perfino per Zio Paperone che, in un fumetto della Disney pubblicato nel 1982, fece la sua personale promessa di realizzazione dell’infrastruttura: entro sei mesi.

I renziani in prima fila: “Il momento per fare il ponte è adesso” – Oggi a rispolverare l’antica quaestio è anche l’annuncio di Trenitalia: da giugno il Freccia Rossa arriverà fino a Reggio Calabria. In dieci ore e 50 minuti i treni ad alta velocità risaliranno l’Italia dalla Calabria al Piemonte, passando per Napoli, Roma, Firenze e Milano. Stesso tempo per il tragitto inverso, che però si fermerà a Reggio: la Sicilia resta lontana. Occasione perfetta per tornare a parlare di Ponte. L’ultima volta era successo nel 2015, quando Renzi era ancora a Palazzo Chigi. “Il momento è adesso”, è sicuro ancora oggi Davide Faraone, che rilancia le affermazioni contenute nel libro del suo leader. E annuncia che Italia viva è già pronta a intervenire in Parlamento. “L’alta velocità arriverà a Reggio Calabria – dice il capogruppo a Palazzo Madama del piccolo partito di Renzi – è incredibile e ingiusto che non possa arrivare anche a Palermo. La fiscalità di vantaggio per la Sicilia prima del coronavirus era un’utopia, ora invece è possibile e noi presenteremo un disegno di legge ed un emendamento al dl Rilancio in discussione in Parlamento. In questo momento si stanno rivedendo le norme sugli aiuti di stato, di concerto con l’Ue, dobbiamo intervenire. Niente tasse per un periodo determinato a tutte le imprese che investono in Sicilia e Sardegna e creano lavoro”.

Pure Margiotta è d’accordo – La pensa come Faraone, Salvatore Margiotta, sottosegretario del Pd alle Infrastrutture: “Mi pare decisamente interessante l’apertura rispetto al Ponte sullo Stretto, un’opera ingegneristica ambiziosa, su cui un Paese come l’Italia dovrebbe finalmente sviluppare un dibattito non ideologico all’altezza delle sfide che ci pone davanti il futuro, soprattutto, dal punto di vista dell’indispensabile sviluppo infrastrutturale del nostro Paese”. A rivendicare la storica posizione di Forza Italia sul tema, ci pensa, invece, la deputata Matilde Siracusano, berlusconiana di Messina che plaude ironicamente a Franceschini: “Bene, benvenuto dalla parte giusta. Noi di Forza Italia non possiamo dimenticare il fuoco di fila contro il presidente Berlusconi e contro i nostri governi negli anni in cui avevamo non solo proposto la realizzazione del Ponte, ma avviato tutte le procedure necessarie affinché divenisse realtà nel più breve tempo possibile”.

Provenzano: “Prima pensare al resto” – Non è d’accordo, però, il ministro per il Sud, il siciliano Giuseppe Provenzano: “Lo shock per definizione dovrebbe intervenire nell’immediato e del Ponte, al di là di tutto, qui dovremmo rifare la progettazione. Si tratta di un discorso di medio periodo, sul quale davvero non ho posizione ideologica come ho già detto. Ma intanto dobbiamo far partire il resto: il Piano Mit nel Piano Sud mobilita oltre 33 miliardi nel triennio. Concentriamoci su questo”. Il riferimento del ministro è ovviamente alle grandi incompiute del Sud, che in Sicilia abbondano. Recentemente il governo regionale ha chiesto a un pool di avvocati di intraprendere un’azione giudiziaria nei confronti dell’Anas. Il motivo? I tempi lunghi, anzi biblici, del completamento di tratte stradali. Marco Falcone, assessore siciliano alle Infrastrutture, ha fatto un esempio pratico: “Per aprire il lotto B4B, la strada tra Nicosia e Mistretta, aspettiamo da settembre che attivino una banale centralina dell’Enel”. Ma è solo un esempio, il più semplice, di un lungo elenco di incompiute: “La Catania – Palermo è una pista di go-cart – attacca l’assessore – e non è una metafora: ci sono 2 miliardi e mezzo di fondi completamente bloccati dall’inefficienza di Anas”. Un elenco che parte dalla cossiddetta strada degli scrittori tra Agrigento e Caltanissetta – “bloccata da due anni”, sottolinea ancora Falcone – e arriva fino al ponte Himera, crollato 5 anni fa nella Catania-Palermo e non ancora riaperto al traffico (la riapertura è stata da poco ulteriormente posticipata). Una lentezza burocratica che farebbe crollare ogni speranza di vedere addirittura la realizzazione di un’opera faraonica come il ponte, ma che non fa perdere d’animo il governo siciliano: “Rivendichiamo la responsabilità di fare le cose, per questo abbiamo chiesto il commissariamento dell’Anas su 8 lotti – conclude l’assessore – e restiamo convinti che il Ponte sia un’opera essenziale per dare una spinta all’economia dell’Isola e fare ripartire tutte le opere infrastrutturali”. D’altra parte solo alcuni mesi fa il governatore Nello Musumeci aveva addirittura auspicato un referendum popolare sulla grande infrastruttura.

Mai costruito, ma è costato 312 milioni – Cosa saranno mai, d’altronde, cinque anni per ripristinare il viadotto autostradale tra Palermo e Catania, in confronto al millenario dibattito sul collegamento tra la Calabria e la Sicilia. Dove gli annunci si perdono nei secoli. Per non andare troppo indietro con la memoria, basta fermarsi al 1984: Orwell non c’entra, ma più banalmente l’allora ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, Claudio Signorile, che annunciò la realizzazione del ponte “entro il 1994”. Poi nel 2001 ecco Silvio Berlusconi inserire il progetto nell’ormai indimenticabile “contratto con gli italiani”. Fu così che nel 2005 la progettazione sarà affidata ad Impregilo. L’inizio dei lavori era previsto per il 2007 con il progetto pronto nel 2012, per un costo previsto dell’opera intorno ai 3,88 miliardi di euro. In realtà nel 2012 non c’era neanche un pilone: in quell’anno, però, la Stretto di Messina Spa viene messa in liquidazione. Creata nel 1981 con l’obiettivo di costruire il ponte, in 30 anni è costata alle casse dello Stato più di 312 milioni euro. La liquidazione doveva durare appena un anno: oggi, otto anni dopo, non è ancora stata portata a termine, anche se da Anas assicurano non sia rimasto più nulla di attivo, a parte il commissario liquidatore. Nominato nel 2013 con un compenso di 174 mila euro fino al 2014, avrebbe dovuto completare la liquidazione della società ormai sei anni fa. Cosa che non è avvenuta, per il semplice fatto che non può avvenire: la procedura non può essere portata a termine finché non si concluderà il giudizio civile sulle penali. A vantarle per il “mancato guadagno” contro lo Stato, sono Impregilo (adesso Webuild) e Parson Trasportation Group, rispettivamente contraente generale e project manager. Una battaglia giudiziaria in sede civile che lascia prevedere tempi tutt’altro che brevi. Perciò nel frattempo perché non rilanciare l’argomento nel dibattito politico? È solo l’ennesima volta, dai tempi dei romani.

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