Siamo ancora in una fase di emergenza, certo. È la prima volta che ci troviamo in condizioni sanitarie così gravi, per cui capire come ripartire dopo una vera e propria pandemia è complicatissimo. Dunque i governi hanno dalla loro il fatto di trovarsi in un momento in cui governare, appunto, è logorante, difficile e faticosissimo. Detto questo, però, le critiche che si possono fare al modo in cui Giuseppe Conte si sta muovendo nella fase due sono tantissime. E la mia punta sempre sullo stesso tema, che mi sta ovviamente a cuore: aver dimenticato bambini e famiglie.

Nell’ultimo discorso al paese, il governo non ha minimamente citato, come sempre, i bambini. Per noi genitori resta assolutamente confuso, come al solito, capire come e quando poterli fare uscire. Si possono portare dai nonni? Sembra di sì. Si può uscire in famiglia per andare al parco, cioè tutti insieme o bisogna andare ridicolmente solo in due, quando magari la famiglia è composta da due o tre figli? Perché non si può andare nelle seconde case quelle che, per chi ce l’ha, rappresentano uno sfogo proprio per i bambini dopo due mesi di chiusura? E molti altri dubbi.

Ma il punto dolente è un altro, cioè la contraddizione tra riapertura economica e chiusura delle scuole. Su questo punto si è letto e ascoltato tantissimo. Il presidente della repubblica Mattarella si è detto addolorato per la chiusura delle scuole, per carità, meglio di niente, è apprezzabile, la ministra Azzolina pure si è detta addoloratissima e questo è un po’ più grave perché invece che esprimere dolore lei dovrebbe trovare soluzioni. Specie a fronte di scuole che riaprono in tutta Europa tranne che da noi.

Se alcuni tra gli esperti – alcuni non tutti – dicono che riaprire le scuole potrebbe potrebbe essere rischioso, la politica dovrebbe avere il coraggio di trovare un compromesso tra rispetto della scienza e conseguenze devastanti – in termini di mancato apprendimento, di isolamento sociale, di regressione, di aumento delle disuguaglianze – di sei mesi di assenza scolastica. Ci vuole coraggio, ci vuole immaginazione, ci vogliono soprattutto un mucchio di fondi che ovviamente nessuno per la scuola vuole spendere.

Come faranno le famiglie con figli? L’interrogativo ormai attraversa tutti i social network, è arrivato su quasi tutti i giornali, che hanno girato, senza risposte, la domanda al governo, che chiaramente non ha nessun piano per noi. Con tutta evidenza non può bastare un aumento dei congedi di quindici giorni, né un bonus baby sitter di 600€, un importo che ricorda i miseri stipendi delle donne italiane ma che in teoria non può certo coprire un mese di lavoro full time. Il rischio che tantissime donne lascino il lavoro è drammatico e concreto.

La “soluzione” che sembra profilarsi all’orizzonte è quella di usare le scuole come centri estivi, ma in una fase molto avanzata, ad esempio luglio. Questo era quello che si leggeva almeno oggi sui giornali e la cosa farebbe sorridere se non facesse anche rabbia, visto che 1) il problema sono i mesi che ci separano da luglio, ben due; 2) non si può non considerare l’aspetto climatico, luglio può essere un mese caldissimo e sarà difficile tenere a scuola bambini con quaranta gradi e probabile umidità alle stelle.

Come ho scritto e riscritto, quello che sconcerta di più, però, è la cattiva comunicazione del governo verso le famiglie. Frammentata, sbagliata, manchevole. I bambini non sono mai stati considerati persone, individui, con diritti ben precisi, le famiglie pure non sono state mai considerate come nuclei che non possono essere separati e che hanno, anch’essi, diritti ben precisi. È come se il governo si rivolgesse a un paese fatto unicamente da singoli, adulti. Come se la famiglia fosse, una visione veramente ottocentesca, qualcosa che esiste nell’ombra, che non ha visibilità pubblica. Bambini e donne nell’ombra, fuori solo il capofamiglia.

A questo punto appare quasi un limite culturale, direi. Forse peggiore di tutti, perché possiamo far sentire la nostra voce, spiegare, chiedere, gridare ma se i minori non vengono presi in considerazione come cittadini, se la difficoltà estrema delle donne nel conciliare non viene capita nella sua estrema drammaticità, non avremo mai le risposte che cerchiamo. Per bambini e famiglie la fase due è come la prima. Ma noi non abbiamo nessun piano B. Come, dunque, faremo?

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