Il Vaticano dimezza gli affitti ai commercianti. E cardinali, vescovi e prelati della Curia romana donano un mese di stipendio al Papa per le sue opere di carità. Sono due delle più importanti iniziative prese dalla Santa Sede per rispondere in modo rapido e concreto alle difficoltà economiche causate dalla pandemia di coronavirus. L’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, presieduta dall’ex segretario della Cei, il vescovo Nunzio Galantino, ha, infatti, diviso in quattro quote gli affitti dei locali commerciali dei mesi di marzo e aprile. Periodo in cui, a seguito delle disposizioni del governo italiano, i negozi sono stati chiusi e non ci sono state entrate. L’Apsa ha disposto che solo un quarto dell’affitto dovrà essere corrisposto regolarmente. Un secondo quarto dovrà essere, invece, pagato tra un anno, mentre gli altri due quarti rimanenti sono stati abbonati, uno dall’Apsa stessa e uno dal Papa in persona. Una disposizione che potrebbe essere estesa anche al mese di maggio qualora il governo non concedesse ai negozianti di riaprire le saracinesche.

Intanto, porporati, vescovi e prelati della Curia romana hanno già inviato a Bergoglio un mese di stipendio per contribuire alle sue opere di carità. Prima di Pasqua, era stato il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski a proporre con una lettera questa iniziativa. Il porporato sottolineava che, nonostante l’assenza fisica alle celebrazioni di Francesco durante la Settimana Santa per evitare il contagio del coronavirus, “possiamo essere uniti intimamente e in modo speciale al nostro Pontefice, vescovo di Roma che presiede alla comunione universale della carità”. Da qui la proposta di donare uno stipendio “da devolvere alla carità del Papa e in questo modo partecipare alle sofferenze di tanti. Lo stesso Santo Padre deciderà poi la destinazione della nostra elemosina per questa emergenza sanitaria”. Proposta che all’interno della Curia romana si è trasformata subito in realtà e alla quale vanno aggiunti i tanti gesti silenziosi di generosità compiuti da diversi cardinali e vescovi, anche durante il periodo della pandemia.

Nello stesso tempo, prosegue la drastica spending review vaticana per arginare quella che dai vertici dello Stato più piccolo del mondo viene definita come l’inevitabile retrocessione economica”. Al vaglio anche la riapertura dei Musei Vaticani, chiusi dal 9 marzo, con l’ipotesi di consentire accessi contingentati ai visitatori in modo da poter garantire il rispetto delle distanze di sicurezza. Una necessità poiché nel bilancio del Governatorato, l’ente che amministra lo Stato della Città del Vaticano, i Musei rappresentato la maggiore entrata.

La Santa Sede ha annullato, inoltre, tutti gli eventi in programma nel 2020. “Con grande dispiacere – ha scritto il cardinale Gianfranco Ravasi in una lettera indirizzata a tutti i membri e i consultori del suo dicastero – mi affretto a comunicarle che, su disposizione della circolare del 7 aprile u.s. a firma congiunta dell’Em.mo card. Marx, coordinatore del Consiglio dell’economia e del rev.mo padre Guerrero Alves, S.I., prefetto della Segreteria per l’economia, a causa dell’emergenza sanitaria mondiale che stiamo vivendo, sono costretto ad annullare l’assemblea plenaria del nostro Pontificio Consiglio della cultura, prevista per i giorni 11, 12, 13 e 14 novembre 2020. Naturalmente ritengo solo rimandato l’appuntamento a un tempo più propizio, e pertanto il nostro dicastero continuerà la sua preparazione, nella quale mi permetterò di coinvolgere a suo tempo i membri e i consultori”.

Da parte sua, Bergoglio già guarda alla cosiddetta fase 2. “Ora, – ha affermato il Papa – mentre pensiamo a una lenta e faticosa ripresa dalla pandemia, si insinua proprio questo pericolo: dimenticare chi è rimasto indietro. Il rischio è che ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente. Si trasmette a partire dall’idea che la vita migliora se va meglio a me, che tutto andrà bene se andrà bene per me. Si parte da qui e si arriva a selezionare le persone, a scartare i poveri, a immolare chi sta indietro sull’altare del progresso. Questa pandemia ci ricorda però che non ci sono differenze e confini tra chi soffre. Siamo tutti fragili, tutti uguali, tutti preziosi. Quel che sta accadendo ci scuota dentro: è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell’intera umanità! Impariamo dalla comunità cristiana delle origini, descritta nel libro degli Atti degli Apostoli. Aveva ricevuto misericordia e viveva con misericordia: ‘Tutti i credenti avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno’. Non è ideologia, è cristianesimo”. Da qui la preghiera di Francesco “per gli uomini e le donne che hanno vocazione politica: la politica è una forma alta di carità. Per i partiti politici nei diversi Paesi, perché in questo momento di pandemia cerchino insieme il bene del Paese e non il bene del proprio partito”.

Twitter: @FrancescoGrana

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