Nel Venerdì Santo del 2005 fu San Giovanni Paolo II a disertare il Colosseo per la via crucis in mondovisione. Il Papa polacco, che sarebbe morto appena otto giorni dopo, fu costretto a seguire in diretta tv le meditazioni che ricordano la salita di Gesù al Calvario. Immagini che fecero il giro del mondo con Wojtyla ripreso soltanto di spalle, nella cappella del suo appartamento privato, nella terza loggia del Palazzo Apostolico Vaticano, intento a guardare la tv sistematagli davanti. All’ultima stazione della via crucis, la quattordicesima, San Giovanni Paolo II abbracciò forte il crocifisso commuovendo i milioni di telespettatori collegati da ogni parte del mondo.

Nel Venerdì Santo del 2020 non sarà solo il Papa a non essere fisicamente presente al Colosseo, bensì per la prima volta nei tempi moderni non sarà quello storico scenario a fare da sfondo al rito suggestivo della via crucis. La pandemia di coronavirus ha infatti impedito ogni tipo di celebrazione con la presenza dei fedeli, ciò per evitare l’ulteriore diffusione del contagio. La via crucis presieduta da Francesco si svolgerà sul sagrato della Basilica Vaticana, ovviamente deserto, come durante la preghiera che il Pontefice ha rivolto, il 27 marzo, chiedendo la fine della pandemia.

Quest’anno il Papa ha affidato le meditazioni delle quattordici stazioni alla parrocchia del carcere “Due Palazzi” di Padova guidata da don Marco Pozza. Proprio pensando alle ulteriori e gravi difficoltà che i detenuti stanno vivendo durante la pandemia, Bergoglio ha rivolto un appello molto importante: “Ho letto un appunto ufficiale della Commissione dei Diritti Umani che parla del problema delle carceri sovraffollate che potrebbero diventare una tragedia. Chiedo alle autorità di essere sensibili a questo grave problema e di prendere le misure necessarie per evitare tragedie future”.

L’assenza dei fedeli e dei concelebranti ha ovviamente modificato sensibilmente i riti della Settimana Santa. Non solo di Francesco, ma di ogni cardinale, vescovo e prete, in particolare in Italia. Il Papa celebrerà tutte le funzioni all’altare della Cattedra della Basilica Vaticana. Con lui potranno concelebrare soltanto il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Papale di San Pietro, e il vescovo Vittorio Lanzani, delegato della Fabbrica di San Pietro. Nessun altro porporato o presule sarà ammesso. La celebrazione della domenica delle palme, con la quale inizia la Settimana Santa e ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, si svolgerà senza la spettacolare processione dall’obelisco di piazza San Pietro fino al sagrato della Basilica. Tutto in tono decisamente minore. E soprattutto non ci saranno le palme.

Nel presbiterio sono stati collocati il Crocifisso di San Marcello, in attesa del restauro, che nel 1522 salvò Roma dalla peste, e la Salus populi romani. Due antichi simboli di fede davanti ai quali Bergoglio ha pregato sia recandosi nelle due chiese dove sono custoditi, sia in piazza San Pietro chiedendo la fine della pandemia.

Il Papa ha deciso di non celebrare la mattina del Giovedì Santo, come previsto, la messa crismale nella quale si consacrano gli oli necessari per alcuni sacramenti e si rinnovano le promesse sacerdotali. Ma di rimandarla a quando sarà finita la pandemia. Posizione contenuta nelle disposizioni emanate dal prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, il cardinale Robert Sarah. Anche la Cei ha deciso fare lo stesso trasferendo la messa crismale “a una data successiva alla Pasqua e che sarà indicata in base a quanto disporrà il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, in sintonia con quanto il Santo Padre stabilirà per la diocesi di Roma”.

Il Giovedì Santo si svolgerà, invece, la messa dell’ultima cena di Gesù che ricorda l’istituzione dell’Eucaristia. Nei suoi sette anni di pontificato, il Papa non l’ha mai celebrata né a San Pietro, né a San Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma, come facevano i suoi predecessori. Ma, seguendo una tradizione che aveva già instaurato quando era arcivescovo di Buenos Aires, ha sempre scelto di anno in anno luoghi scartati dalla società, come lui stesso li definisce, principalmente istituti penitenziari. Nel 2013 il carcere minorile di Casal del Marmo, nel 2014 il Centro Santa Maria della Provvidenza della Fondazione don Gnocchi, nel 2015 Rebibbia, nel 2016 il Cara di Castelnuovo di Porto, nel 2017 il carcere di Paliano, nel 2018 Regina Coeli e nel 2019 il carcere di Velletri. Ogni volta lavando i piedi a dodici ospiti di queste strutture, sia uomini che donne, sia credenti che non credenti o di altre fedi religiose.

Quest’anno, invece, non solo Francesco non potrà celebrare la messa del Giovedì Santo in un carcere, ma non potrà nemmeno fare la lavanda dei piedi. Questo ovviamente per le norme anti contagio. Vietata anche la processione eucaristica al termine della celebrazione con la reposizione del Santissimo Sacramento nei tipici altari addobbati per l’occasione anche in modo molto creativo, popolarmente denominati “sepolcri”. Ciò anche per scoraggiare la visita dei fedeli alle numerose chiese parrocchiali per un momento di preghiera, seppure in privato.

Nel pomeriggio del Venerdì Santo si svolgerà la liturgia della passione con l’adorazione della croce. A San Pietro, come tradizione, non sarà il Papa a tenere l’omelia bensì il predicatore della Casa Pontificia, il cappuccino padre Raniero Cantalamessa. Niente battesimi la sera del Sabato Santo durante la Veglia Pasquale. La domenica di Pasqua il Papa presiederà la messa e al termine rivolgerà il suo messaggio Urbi et Orbi con la benedizione alla quale è annessa l’indulgenza plenaria. “Celebriamo in modo davvero insolito – ha spiegato Francesco – la Settimana Santa, che manifesta e riassume il messaggio del Vangelo, quello dell’amore di Dio senza limiti. E nel silenzio delle nostre città, risuonerà il Vangelo di Pasqua”. E ha aggiunto: “In Gesù risorto, la vita ha vinto la morte. Questa fede pasquale nutre la nostra speranza. È la speranza di un tempo migliore, in cui essere migliori noi, finalmente liberati dal male e da questa pandemia. È una speranza: la speranza non delude; non è un’illusione, è una speranza”.

Twitter: @FrancescoGrana

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