Le hanno ribattezzate le mascherine-mutande. E se non ci fosse di mezzo la sicurezza di medici e infermieri e tutti gli operatori sanitari impegnati negli ospedali lombardia, ormai da quasi due mesi, per arginare l’epidemia e per strappare vite a Covid 19, guardando le foto e i video, ci sarebbe da ridere. Ma la farsa non si attaglia per niente al caso dei dispositivi per la protezione individuale prodotti da una azienda di pannolini di Rho (Milano), convertita alla produzione di mascherine, che li ha forniti alla Regione Lombardia con la consulenza del Politecnico e un successivo via libera dell’Iss. Ebbene dopo aver protestato per queste mascherine, che coprono il viso e le orecchie impedendo di sentire i polmoni dei pazienti con lo stetoscopio, il sindacato Adl Cobas Lombardia – Associazione diritti lavoratori – ha deciso di presentare un esposto alla procura di Milano. Allegando anche una foto in cui si vedono accatastati, nel padiglione logistico Lombardo ex area Expo cargo, centinaia di scatoloni. Anche perché stando all’esposto alcune strutture, come l’ospedale di Busto Arsizio, quello di Varese e il Niguarda, avrebbero deciso di non utilizzarle.

La denuncia: “Inutilizzabili, nessuno le usa” – Nella denuncia, sei pagine firmate dal portavoce Riccardo Germani, si chiede conto di “procedure, modalità e costi” dell’operazione che sembra mostrare “più criticità”. Ma non solo ai pm, che in questi giorni sono impegnati su più fronti che si sono aperti con l’emergenza sanitaria, si chiede di capire se quelle mascherine così elastiche e che bruciano i volti degli operatori siano davvero idonee e sicure. Se rispettino i requisiti.

Tali dispositivi “non appaiono funzionali allo scopo protettivo, né del paziente né dell’operatore. Sotto il profilo anatomico e dinamico, la mascherina (che si presenta come un cilindro di pannolino elasticizzato) – spiega Germani -, non sarebbe regolabile sul viso e al naso. I supporti elastici di sostegno, ad esempio, devono essere allargati per la vestizione del presidio stesso (che deve passare infilato interamente all’esterno del cranio) e tenderebbero poi ad allentarsi, con la conseguenza di scivolare sul volto e di dover essere più volte riposizionato utilizzando le mani, moltiplicando così i rischi di contagio, anche oculare, ed esponendo le vie aeree – naso e bocca -, vanificando l’utilità del presidio stesso, destinato ad attività di prima linea anche per turni di 8 ore“. La Fippi Spa “starebbe producendo per Regione Lombardia 900mila mascherine al giorno, per un ordine complessivo dal valore di alcuni milioni di euro. Un’operazione di impatto economico di assoluto rilievo per le casse regionali, in un momento e contesto in cui ogni risorsa dissipata può assumere un costo sociale altissimo – aggiunge Germani – Si segnala, infine, che sui siti istituzionali non si ravviserebbe alcuna traccia in merito alle procedure del conferimento di incarico di produzione di mascherine, né il quantitativo delle stesse o i tempi di consegna”.

Che la Fippi sia stata incaricata di produrre quelle mascherine non è una chiacchiera da bar, ma lo ha detto il commissario Domenico Arcuri dieci giorni fa in conferenza parlando delle aziende autorizzate alla produzione: “…Infine la Fippi ha ottenuto l’autorizzazione a mettere in commercio 900mila mascherine al giorno, stiamo negoziando per rifornire anche gli uffici del commissario e non solo la Regione Lombardia come sta già avvenendo”.

L’autorizzazione dell’Iss, il test del Politecnico – Il 4 aprile invece era stato il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, a comunicare che erano state autorizzate 50 aziende alla produzione di mascherine chirurgiche. Autorizzazione concessa dopo l’invio di una autocertificazione in attesa, procedura valida per tutti, “ci consegnino la certificazione completa che dimostri il rispetto dei requisiti di standard richiesti. Solo quando ci arrivano questi elementi diamo il via libera all’autorizzazione al commercio, e lo facciamo in poche ore”.

Il via libera dell’Iss era stato salutato con soddisfazione dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana e dall’assessore all’Ambiente e Clima Raffaele Cattaneo che ha coordinato i lavori della task force ricordando che c’era stato il parere positivo del Politecnico di Milano. Ma nell’esposto, in cui si chiede di valutare i reati di epidemia, contraffazione di altre cose in danno della salute pubblica, omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro delitti colposi contro la salute pubblica, si replica a queste dichiarazioni sostenendo che l’Università con una nota dell’11 aprile, quando ormai circolavano foto e proteste, ha comunicato che ‘il Politecnico non certifica le mascherine, ma ne valuta, senza alcun contenuto precettivo, la configurazione finale allo scopo di verificare che le modalità di confezionamento non abbiano alterato la funzionalità del materiale'”.

L’assessore Cattaneo: “Hanno superato i test” – “Le mascherine della Fippi sono state confezionate con un tessuto testato presso il Politecnico di Milano” che “ha superato tutte le prove richieste dall’ISS, che sono le stesse previste per la certificazione con marchio CE” scrive in una nota Cattaneo. Si tratta di un tessuto che ha “un potere filtrante alla dimensione del virus superiore a quello di molte mascherine certificate – ha aggiunto -. Dunque, sono un prodotto realmente in grado di garantire una protezione a chi le indossa”. “Inoltre, al momento, la Fippi è l’unica impresa lombarda che l’Iss ha autorizzato a produrre e commercializzare mascherine in deroga – ha aggiunto Cattaneo -. Non c’è stata la possibilità di rivolgersi ad altri produttori perché fino a pochi giorni nessun altro aveva ancora l’autorizzazione a commercializzare mascherine” e “ad oggi sono solo 7 i soggetti autorizzati in deroga in tutta Italia a fronte di centinaia di richieste. Regione Lombardia sta proseguendo il proprio lavoro attraverso la task force sulle mascherine e dpi e con l’aumento dei produttori autorizzati in deroga troverà sicuramente altri prodotti idonei e altamente protettivi e con forme più simili alle classiche mascherine chirurgiche“. Potere filtrante messo in discussione da questo test.

L’assessore Cattaneo a seguito delle proteste aveva, il 9 aprile, comunicato che le mascherine erano state modificate. E in alcuni video aveva mostrato anche come indossarle. Ma sembra che nessuno dei medici e infermieri iscritti al sindacato, tutelati in questo caso dell’avvocato Enzo Barbarisi, vogliano indossarle nonostante il tutorial.

Articolo Precedente

Coronavirus, derogare alle procedure vuol dire aprire al malaffare. Eppure un’alternativa è possibile

next
Articolo Successivo

Coronavirus, processi da remoto per fase. Ma avvocati e Garante privacy frenano

next