Lo avevano già fatto in Cina sperimentando un approccio usato nell’epidemia di Ebola, curare i malati di Covid 19 con il plasma dei pazienti guariti. Da qualche giorno al Policlinico di Pavia, uno degli ospedali di frontiera nella lotta contro Sars Cov 2, erano pronti a entrare in azione con la terapia e oggi alcuni malati hanno già ricevuto il plasma di pazienti guariti che quindi hanno sviluppato gli anticorpi. Il protocollo per la plasmaterapia è stato predisposto dal servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale del San Matteo, in collaborazione con altre strutture come l’Ats di Mantova. I primi due a donare sono stati i medici di Pieve Porto Morone (Pavia), marito e moglie, primi casi di contagio da Covid 19 in provincia di Pavia.

“È una procedura già collaudata che oggi può essere utilizzata per combattere un virus nuovo, come il Covid-19, e salvare pazienti in gravi condizioni” aveva spiegato qualche giorno fa in una intervista Cesare Perotti, responsabile del servizio di Immunoematologia e Medicina trasfusionale del San Matteo di Pavia, in attesa del via libera dell’Istituto Superiore di Sanità per la cura dei malati più compromessi. Al Policlinico è stato predisposto il protocollo sperimentale.
“Il plasma iperimmune – spiegava il professor Perotti in un’intervista pubblicata sul settimanale pavese Il Ticino – è già stato utilizzato anche in passato, per la cura della Sars e dell’Ebola“. Ma chi possono essere i donatori di plasma? “I pazienti guariti dal coronavirus – spiega -: e quando si parla di guarigione, ci si riferisce solo a soggetti che hanno avuto due tamponi negativi effettuati in due giorni consecutivi. Nel plasma di queste persone si sono sviluppati anticorpi in grado di combattere efficacemente il Covid-19”.

Il protocollo del San Matteo per essere applicato ha avuto il parere favorevole del Centro Nazionale Sangue e del Comitato etico del Policlinico di Pavia. Il protocollo del San Matteo prevede un sistema di condivisione dei dati che può estendersi anche ad altri ospedali: “Una persona guarita da Covid-19 può essere chiamata dal nostro Servizio di Immunoematologia e Medicina trasfusionale: qui vengono effettuati tutti gli esami previsti dalla legge, come se si trattasse di una donatore ‘normale’, oltre ad altri controlli aggiuntivi”. A quel punto nel servizio di Virologia e Microbiologia del Policlinico, viene effettuato un test per verificare la capacità del plasma del paziente guarito, attraverso i suoi anticorpi, di uccidere il coronavirus.

Il San Matteo, attraverso il suo protocollo, potrà svolgere il ruolo di hub per tutti gli altri ospedali che vogliono aderire. Qui non sono in ballo interessi economici, ma solo la salute delle persone e la possibilità di salvare i malati più gravi”. Ai pazienti guariti viene prelevato solo il plasma, attraverso un separatore cellulare: è una procedura che non dura più di 30-40 minuti. “Spetterà poi ai clinici indicare il malato al quale somministrare l’infusione di plasma – afferma Cesare Perotti -.È una terapia che ha anche il grande vantaggio di non produrre effetti collaterali, e può essere affiancata senza problemi ad altre cure già in corso”.

Della possibilità di tentare la cura con gli anticorpi aveva parlato in una intervista al fattoquotidiano.it il farmacologo Silvio Garattini: “Un’altra via molto importante è quella degli anticorpi” aveva detto lo scienziato riferendo di uno studio avanzato in Francia sui macachi: “Intanto se sappiamo che c’è una protezione questi anticorpi potrebbero essere prodotti sperimentalmente in laboratorio e poi avremmo il grande vantaggio di aver un criterio con cui rimettere in circolazione gli ammalati. Quindi chi ha presenza di anticorpi avrebbe la possibilità di essere rimesso in circolazione e in attività perché è guarito e perché ha sviluppato le difese e che non può contagiare né essere contagiato”.

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