Fino allo scorso weekend il Covid-19 era percepito dalla stragrande maggioranza dei russi come un problema che non li riguardava da vicino e la Russia sembrava una zona bianca sulla mappa rossa della pandemia mondiale. Secondo gli ultimi dati ufficiali, nel Paese sono stati registrati 114 casi di contagio in 26 regioni, per lo più importati, con nessun decorso fatale. Niente in confronto alla situazione europea o americana. Ma le nuove misure contro l’epidemia adottate in questi giorni stanno convincendo sempre più persone che bisogna prepararsi al peggio, nonostante il Cremlino neghi l’ipotesi di uno stato d’emergenza in Russia.

Il sindaco di Mosca, Sergej Sobjanin, nel suo decreto del 16 marzo ha vietato tutte le manifestazioni all’aperto, mentre agli eventi al chiuso potranno partecipare non più di 50 persone. È stata disposta inoltre la chiusura delle scuole dal 21 marzo al 12 aprile. Il 14 marzo il sindaco aveva già annullato l’obbligo di frequenza nelle scuole e nei nidi. Il 18 marzo il Ministero dell’Istruzione ha esteso la chiusura a tutte le scuole del Paese per il periodo dal 23 marzo al 12 aprile. Mentre il 15 marzo ha raccomandato alle università di passare alla didattica telematica. Secondo il sito Openmedia.io, che cita una fonte nel Comune di Mosca, la città – al momento la più colpita dal virus con 56 casi al 17 marzo – potrebbe essere messa in quarantena se entro venerdì si verificasse un’impennata dei contagi. Anche se il vicesindaco, Anastasija Rakova, lo smentisce. Solo nelle ultime 48 ore si sono registrati 51 nuovi casi.

Nel frattempo la Russia, seguendo gli Usa e l’Europa, ha annunciato la chiusura delle frontiere: il governo ha vietato l’ingresso dei cittadini stranieri nel Paese dal 18 marzo al 1 maggio, divieto in vigore per gli italiani già dal 13 marzo. Precedentemente il premier Mikhail Mishustin aveva chiuso le frontiere con la Bielorussia, la Polonia e la Norvegia.

Il Cremlino finora si è espresso poco sul tema. Il portavoce del presidente Vladimir Putin, Dmitrij Peskov, ha detto il 16 marzo che “non c’è nessun pretesto” per dichiarare lo stato di emergenza per Covid-19 in Russia. Pubblicamente Putin ha parlato del virus solo di sfuggita, menzionando tra l’altro delle “fake news” che arriverebbero dall’estero per “seminare il panico tra la popolazione”.

In Russia ci sono due eventi importanti all’orizzonte: il voto popolare del 22 aprile sugli emendamenti alla Costituzione (tra cui quello che permetterà a Putin di ricandidarsi nel 2024), approvati in soli due giorni dalla Corte costituzionale il 16 marzo, e la parata militare in Piazza Rossa per il 75esimo anniversario della vittoria nella “Grande Guerra Patriottica” contro il nazismo. Per ora non dovrebbero saltare.

Tra i russi cresce però lo stato d’allerta. Le principali catene di supermercati a Mosca e a San Pietroburgo hanno raccontato ai giornali un weekend passato all’insegna di scorte fatte dai consumatori: i russi si sono avventati sui beni di prima necessità. Una docente italiana che lavora a Mosca racconta al Fatto.it come da diversi giorni abbia deciso di autoisolarsi lavorando da casa, approccio condiviso da tanti moscoviti che come lei si preparano per una quarantena totale.

Ma ristoranti, negozi e chiese rimangono ancora aperti, e tanto clamore ha suscitato la processione dei fedeli a San Pietroburgo per baciare le reliquie di San Giovanni Battista, senza praticamente nessuna precauzione igienico-sanitaria. E sono comunque tanti i russi che mantengono un approccio spensierato di fronte alla minaccia del Covid-19, citando teorie complottiste (secondo le quali il virus sarebbe stato creato dagli Usa) e consigli salutisti senza fondamento scientifico. Come quelli di una catena di centri estetici di Mosca che in un suo sms propone le lampade e il tè allo zenzero in omaggio per rafforzare le difese immunitarie per sconfiggere il coronavirus.

Le statistiche rassicuranti sul numero dei contagi da Covid-19 in Russia non convincono proprio tutti e nella comunità medica ci sono diverse voci critiche sui metodi utilizzati per diagnosticare il virus. Gira anche una barzelletta: “Quanti casi di coronavirus ci sono in Russia?” “Ventitré”. “E quanti test sono stati fatti?”. “Ventitré”. L’autorità russa che combatte l’epidemia, Rospotrebnadzor, nel suo bollettino del 16 marzo dice di aver effettuato 116.061 tamponi su persone arrivate dai Paesi in situazioni sfavorevoli. Risultato, come detto sopra, solo 114 casi confermati.

Molti denunciano i tempi dei test: fino a pochi giorni fa le analisi fatte in loco dovevano essere mandate per conferma al centro “Vektor” del Rospotrebnadzor che si trova a Novosibirsk. La procedura richiedeva tre giorni. Ora sembrerebbe che l’analisi venga svolta direttamente nel laboratorio locale del Rospotrebnadzor. Ma le strutture attrezzate sono solo a Mosca e a San Pietroburgo. Proprio “Vektor” ha elaborato il test usato attualmente in Russia e il cui protocollo, a differenza di quelli utilizzati in Usa o in Europa, non è stato pubblicato sul sito dell’Oms.

E se in Russia e in primis a Mosca scattasse l’emergenza coronavirus, il Sistema sanitario reggerebbe? Nella periferia della capitale si sta costruendo in fretta e furia un nuovo ospedale, sul modello di quello di Wuhan, per dare man forte alla vicina clinica di Communarka e all’ospedale infettivo n. 1 di Mosca dove finora sono stati ricoverati i pazienti Covid. Ma i pronostici di tanti medici ed esperti sullo stato di preparazione del Paese per una grande epidemia sono pessimisti. Un dottore moscovita, Pavel Brand, scrive su Facebook che se in Russia si ripetesse il copione italiano, le cose andrebbero molto male. “Mosca può assistere 1500-2000 persone con la ventilazione meccanica”, mentre, secondo lui, in uno scenario come quello italiano sarebbero 5-6 volte di più. “Vuol dire che per molti non ci saranno abbastanza apparecchi, e alcuni moriranno”.

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