Il Consiglio dei ministri con il decreto Cura Italia, approvato il 16 marzo, ha stabilito tra le varie cose anche la chiusura di tutti i Centri diurni per i disabili (Cdd) operativi in Italia. Da almeno due settimane le principali associazioni nazionali e le famiglie chiedevano la sospensione temporanea di queste strutture, allarmate dal susseguirsi di casi di contagio di Covid-19. Già il 4 marzo con una richiesta ufficiale diretta alla presidenza del Consiglio, attraverso un comunicato congiunto firmato da FAND e FISH, le due più grandi organizzazioni italiane che difendono i diritti delle persone con disabilità avevano fatto pressione sul governo per chiedere la chiusura delle strutture. “La risposta del premier Conte alle nostre richieste – dice a Ilfattoquotidiano.it il presidente della FISH Vincenzo Falabella – è stata che avrebbe inserito la disposizione sulla chiusura dei Centri per i disabili non in un Dpcm, ma in un successivo decreto legge, come effettivamente è avvenuto. Però solo il 16 marzo”.

“Le prime risposte per fronteggiare lo straordinario carico assistenziale delle famiglie e per proteggere i lavoratori con disabilità sono presenti all’interno del ‘Cura Italia’ approvato da poche ore” afferma il numero uno della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap. “Sottolineo che la nostra volontà per la chiusura dei Cdd è stata espressa più volte all’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità (il nuovo soggetto politico creato dopo l’eliminazione del ministero della Disabilità). Il testo raccoglie le istanze della nostra associazione, del movimento variegato e composito delle persone disabili. Come FISH abbiamo contribuito alla realizzazione di una parte specifica e dedicata alle persone disabili come ad esempio l’art. 46 che prevede la sospensione delle attività all’interno dei Centri diurni e semiresidenziali ma non solo” aggiunge.

La FISH esprime moderata soddisfazione per l’approvazione del maxi decreto ma aggiunge anche delle precisazioni in merito: “Comprendiamo fin da ora che eventuali imperfezioni siano dovute più all’emergenza della gravissima situazione che tutti noi stiamo vivendo, più che alla carenza di volontà da parte dell’esecutivo. Siamo convinti allo stesso tempo che le stesse carenze potranno e dovranno essere perfezionate o sanate in sede della successiva conversione in legge” dice il presidente della FISH. La questione del ritardo dell’esecutivo nel chiudere i Cdd resta. “Noi avevamo diverse volte chiesto al Governo di intervenire prontamente per chiudere tutte le strutture che accolgono ogni giorno migliaia di persone fragilissime e particolarmente sensibili all’epidemia di Covid-19” conferma Falabella. “Già quando abbiamo cominciato a sapere dei primi casi di contagio, avevamo subito sollecitato le istituzioni preposte a intervenire senza indugio o tentennamento. Adesso posso dire – continua – che sono giusti questi provvedimenti presi per tutelare prima di tutto la salute delle persone disabili, delle loro famiglie ma anche delle migliaia di operatori, assistenti, educatori”.

Fino al divieto di mantenere aperti i Cdd moltissime famiglie continuavano a mandare i propri cari con disabilità nelle strutture dedicate. “Purtroppo qui apriamo un’altra pagina assai critica dell’intero sistema di assistenza di questi soggetti molto deboli da diversi punti di vista” spiega il presidente FISH. “Molte famiglie avevano il timore di perdere il servizio acquisito nei Centri, qualora avessero deciso spontaneamente di tenere h24 in casa la persona disabile. Stiamo parlando di situazioni delicatissime e per questo il Governo doveva muoversi rapidamente per evitare disagi, paure crescenti, un clima di estrema incertezza. Ora finalmente – constata Falabella – hanno deciso la chiusura momentanea”. Dal 17 marzo le persone disabili restano a casa, ma i servizi essenziali devono continuare ad essere erogati. “Nel decreto è espressamente indicato che bisogna comunque continuare a garantire l’assistenza, bisogna fornire un serio, competente e sicuro supporto a domicilio utilizzando tutti i dispositivi individuali di sicurezza e seguendo tutte le indicazioni diramate nelle ultime settimane con i vari Dpcm. Infine – dice al Fatto.it Falabella – vorrei evidenziare che gli enti erogatori di questi servizi essenziali non possono cancellare tali attività, opponendo resistenze a vario titolo. Chi non garantirà gli interventi a domicilio, laddove la persona lo richiede, anche in deroga ad eventuali cause contrattuali, provocherà un’interruzione di pubblico servizio. Ci affidiamo alle competenze, attenzioni e sensibilità degli operatori del settore. Gli enti gestori devono far fronte all’emergenza così come stanno facendo da oltre un mese tutte le famiglie con un disabile grave a carico”, conclude.

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